Il dibattito sulla “pensione Quota 41” sta ancora riscaldando gli animi in Italia, mentre il governo si scontra con la realtà di un sistema pensionistico sotto pressione finanziaria. Attualmente, secondo gli ultimi dati INPS, la spesa per le pensioni è in continuo aumento. Nel 2024 raggiungerà i 337,4 miliardi di euro, e si prevede un ulteriore incremento a 345 miliardi nel 2025, salendo a 368 miliardi entro il 2027.

Nel 2023, l’Inps ha segnalato una spesa pensionistica di 269,6 miliardi di euro, con un incremento del 6,34% rispetto all’anno precedente.

Parallelamente, i contributi versati all’Inps sono aumentati del 4,44%, totalizzando 214,6 miliardi di euro.

L’Istituto ha anche notato un significativo aumento dell’occupazione, con 481.000 nuovi posti di lavoro creati in media nel corso dell’anno, un dato che supporta l’argomentazione del governo per promuovere lavori di qualità in Italia.

I dati sulle entrate INPS

Continuando con qualche numero, guardando alle entrate complessive dell’INPS, che includono ma non si limitano ai contributi pensionistici, queste hanno raggiunto i 395,86 miliardi nel 2023, segnando un aumento del 4,43% rispetto al 2022.

D’altra parte, le uscite totali, che coprono diversi tipi di benefici e sussidi, sono state di 396,86 miliardi, con un aumento del 7,36%.

La spesa per prestazioni istituzionali si è attestata a 317 miliardi. Con 17,8 milioni di pensioni e 3,6 milioni di prestazioni per invalidità erogate, il sistema pensionistico rimane, comunque, un pilastro centrale del welfare italiano. Tuttavia, il confronto sul Documento di Economia e Finanza (Def) e la successiva legge di Bilancio suggeriscono che non ci saranno allentamenti nei requisiti pensionistici a causa dei vincoli finanziari.

Riforma pensioni: il punto su Quota 41

Si parla della riforma pensioni da diverso tempo. Ma per adesso non c’è stata e non c’è nessuna traccia dell’allestimento cantieri. La conferma che l’inizio è lontano arriva anche dal confronto sul Documento di Economia e Finanza (Def) e la successiva legge di Bilancio.

Si evince chiaramente che non ci saranno allentamenti nei requisiti pensionistici a causa dei vincoli finanziari.

La “pensione Quota 41” proporrebbe un’uscita dal mondo del lavoro dopo 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica del lavoratore e della lavoratrice. Le difficoltà economiche lo rendono un obiettivo difficile.

In primis ci sono da trovare le risorse. C’è poi la demografia che svolge un ruolo cruciale in questa dinamica. L’incremento nel numero dei pensionati, infatti, combinato con una diminuzione dei lavoratori che contribuiscono al sistema, pone sfide significative. A ciò si aggiunge l’impatto dell’inflazione, che ha reso necessario adeguare le pensioni per preservare il potere d’acquisto dei pensionati.

Intanto ciò che ha trovato conferma è Quota 103, che è conseguenza del superamento delle precedenti Quota 100 (finita al 31 dicembre 2021) e Quota 102 (introdotta solo per l’anno 2022). Confermata, con qualche modifica, anche Ape sociale. Quest’ultima permette, ad esempio, di andare in pensione da disoccupato.

Ad ogni modo, circolano indiscrezioni che il governo, se riforma sarà, potrebbe essere tentato a considerare l’innalzamento dell’età minima per l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi (dunque, una nuova Quota basata su somma tra requisito contributivo e requisito anagrafico), mantenendo la soglia dei contributi ma adeguandola alle necessità economiche. Uno scenario evidenzia la complessità e la delicata bilancia tra flessibilità e sostenibilità nel contesto pensionistico italiano.

Riassumendo

  • l’INPS ha pubblicato gli ultimi dati sul sistema pensionistico italiano
  • della riforma pensioni, di cui tanto si parla, non c’è ancora traccia di cantiere
  • sono, intanto, confermate Quota 103 e Ape sociale
  • per quanto riguarda, invece, Quota 41, ossia la possibilità di pensionamento per tutti con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, la meta sembra ancora lontana.