Anni dedicati allo studio universitario non coperti da contribuzione obbligatoria. Oppure l’anno del servizio militare svolto da giovani. Che riferimento hanno queste cose per la pensione è abbastanza chiaro. Si tratta di periodi che possono tornare utili a far andare in pensione un lavoratore o a fargli prendere un assegno più alto. Ma sono periodi che possono essere negativi a volte negativi per il diritto alla pensione, ed a volte molto positivi. Molto dipende dal soggetto interessato, dalla misura pensionistica prescelta per l’uscita dal lavoro e così via dicendo.

In pratica in alcuni casi servono per agevolare l’uscita di un lavoratore, mentre in altri casi fanno perdere il diritto posticipando l’uscita. Sue quesiti di altrettanti nostri lettori mettono in luce le due cose che possono tornare utili a quanti si avvicinano alle loro ipotetiche pensioni nel 2023.

“Buonasera, mi chiamo Guido ed oggi ho avuto una tremenda notizia dall’INPS. Mi hanno comunicato che non ho diritto alla pensione a 64 anni di età nonostante ho maturato già età, contributi e probabilmente, la giusta pensione come importo. Ad ottobre ho completato 20 anni di contributi versati. A novembre ho fatto 64 anni di età. Ed ho iniziato la carriera come amministratore di azienda dal 1999. Ma per colpa del servizio militare che ho deciso di richiamare all’INPS nel 2000, mi trovo ad essere tagliato fuori dalla misura. Non si può fare nulla per correggere ciò che ho fatto?”

Salve, sono un vostro assiduo lettore e vorrei un suggerimento da parte vostra. Ho completato 20 anni di contributi versati da poco e compirò 67 anni di età a gennaio. Vorrei andare in pensione con la vecchiaia, ma il mio Patronato mi ha fatto i conti ed in base ai miei contributi nel 2023 non arriverò a prendere una pensione più alta di 600/650 euro al mese. Mi hanno detto, sempre al Patronato, che non potrò andare in pensione perché non raggiungo un assegno utile al diritto.

Che significa? nemmeno a 67 anni mi danno la pensione? Assurdo davvero, voi cosa dite?”

La pensione per i contributivi e le anomalie del meccanismo

Entrambi i quesiti fanno riferimento a delle misure e dei lavoratori, che hanno nel contributivo il loro sistema di utilizzo. E sono due quesiti che ci permettono di affrontare due autentiche anomalie del sistema previdenziale da quando si è passati al contributivo e da quando la riforma Dini prima e Fornero poi, hanno fatto il loro ingresso nel meccanismo. Le pensioni per i contributivi puri hanno una misura vantaggiosa che si centra a 64 anni di età. Ma ne hanno pure una classica, ma svantaggiosa, che si centra a 67 anni di età. In entrambi i casi oltre a contributi ed età, serve raggiungere anche un determinato importo della pensione. Sono i requisiti tipici delle pensioni per i contributivi puri, che sono i lavoratori la cui carriera è iniziata prima del 1996 e che non anno contributi a qualsiasi titolo versati al 31 dicembre 1995. In ogni caso per questi lavoratori se la pensione non raggiunge il giusto importo soglia previsto, non può essere assegnata.

Quando anche il militare, la laurea o un contributo figurativo riscattato, fa perdere l’anticipo di 3 anni sulla pensione

Per colpa dell’anno di servizio militare riscattato in passato, un lavoratore può perdere il diritto alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età. E nonostante abbia tutti i requisiti utili, compreso quello dell’importo della pensione pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (assegno sociale 468,28 euro al mese nel 2022, pensione minima 1.311 euro circa, ndr). Ed è ciò che è accaduto al nostro primo lettore. Per accedere alla pensione anticipata contributiva, per la quale bastano 64 anni di età e 20 anni di contributi, oltre ad un assegno di importo come prima detto, non bisogna avere contributi versati, a qualsiasi titolo prima del 1996.

Richiamando l’anno di servizio militare svolto prima del 1996, è evidente che per il lettore è venuto meno lo status di contributivo puro.

Indietro non si torna

E l’operazione di richiamo del servizio militare è irreversibile, cioè non si può tornare indietro. Il diritto alla pensione anticipata contributiva per lui è stato definitivamente perduto. Un caso eloquente di anomalia del sistema, che nega la prestazione nonostante ci sia un anno di contribuzione in più utile al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico. Una cosa che per molti inconsapevolmente potrebbe materializzarsi anche riscattando il periodo universitario, se ricade prima del 1996.

Quando riscattare anni di non lavoro manda in pensione i contributivi

Per il secondo lettore la situazione è l’esatto opposto. Essendo anche lui u contributivo puro, il suo problema a 67 anni di età è l’importo della pensione. Per i contributivi puri la pensione di vecchiaia a 67 anni di età si centra con 20 anni di contribuiti versati, ma solo se l’importo del trattamento arriva a 703 euro al mese (nel 2022 perché occorre un assegno pari o superiore ad 1,5 volte l’assegno sociale). Senza una pensione di importo come quello sopracitato, niente pensione di vecchiaia ed obbiettivo uscita dal lavoro che si sposta a 71 anni di età. Mentre per chi ha iniziato la carriera prima del 1996, nessuna soglia minima di pensione va centrata, per chi ha iniziato dopo c’è questo vincolo.

La pensione di vecchiaia ordinaria per i misti

In questo caso se il nostro lettore ha il servizio militare svolto come il primo lettore, la situazione si può risolvere. Per il primo lettore il servizio militare riscattato è stato deleterio. Per il secondo invece finirebbe con l’essere un autentico toccasana. Infatti portando nel suo estratto conto il servizio militare svolto, o anche un anno di Università se poi il lettore di è laureato, potrebbe sdoganare per lui lo stato di contributivo puro.

Finendo con il farlo rientrare nella pensione di vecchiaia ordinaria per i retributivi o misti. Dove non serve più raggiungere i 703 euro al mese come nel 2022 è stato per i contributivi. La sua pensione di 600/650 euro al mese sarebbe fruibile.