Si chiama Anticipo pensionistico sociale ed è la misura da tutti conosciuta con l’acronimo di APE social. Si tratta di un assegno ponte che accompagna il lavoratore al compimento dei 67 anni di età. Momento utile per la pensione di vecchiaia. Il fatto che tra i requisiti dell’APE sociale ci siano i 63 anni di età minima previsti, collega le uscite a questa età proprio a questa misura. Ma la verità è che ci sono altre vie per uscire dal lavoro nel 2023 con 63 anni di età.

Ci sono misure che non hanno i limiti che ha l’APE sociale e che non sono un assegno di accompagnamento alla pensione, ma sono a loro volta misure di pensionamento vere e proprie. Che restano a favore del pensionato per il resto della sua vita.

“Buonasera, ho 63 anni di età e ho oltre 39 anni di contributi versati. Ma mi trovo nella situazione particolare di non rientrare nell’APE sociale perché non sono invalido e lavoro in un settore che secondo le strane normative vigenti, non è gravoso. E non posso nemmeno licenziarmi, diventando disoccupato, perché se non erro per l’APE sociale il disoccupato deve prendere prima la NASPI. E se mi dimetto volontariamente la NASPI non mi tocca. Ma è possibile che le normative fanno uscire dal lavoro chi, come me ha 63 anni di età ma una carriera di soli 30 anni, e io che sfioro ormai i 40 anni di contributi non ho alternative al rimanere al lavoro fino a 67 anni o ai 43 anni e un mese per la pensione di anzianità? Voi avete qualche suggerimento per me? Grazie anticipatamente per la vostra risposta.”

Come funziona il sistema previdenziale italiano

Effettivamente il sistema previdenziale nostrano e le regole di pensionamento non sono certo eque se si approfondisce il loro funzionamento. Tralasciando alcune misure favorevoli per questioni di invalidità, o per altre fragilità, alcune misure espongono a questioni di poca equità da parte dell’intero sistema.

E l’APE sociale è proprio una misura che essendo destinata a poche categorie di contribuenti, mette in luce il fatto che c’è chi può anticipare la pensione e chi no. E il nostro lettore ha perfettamente ragione. Perché un lavoratore edile con 63 anni di età e 32 anni di contributi può andare in pensione, mentre un lavoratore di un altro settore, solo perché non rientra nei cosiddetti gravosi, non può uscire alla stessa età, anche se ha versato più contributi.

Ed è il caso del nostro lettore che con 39 anni di contributi e 63 anni di età deve ancora lavorare. Ma lo stesso ragionamento si può fare per la quota 41 per i precoci. Infatti ogni misura a platea circoscritta, è potenzialmente una misura discriminatoria.

Posso andare in pensione a 63 anni di età anche se non rientro nell’APE? Ecco la risposta

Ma va anche detto che pure nelle trattative tra Governo e sindacati che lavorano alla riforma del sistema, la divisione della popolazione lavorativa di fronte alle misure di pensionamento anticipato è sempre all’ordine del giorno. Consentire di andare in pensione prima a chi svolge determinati lavori ormai è prassi e sarà probabilmente così anche in futuro. Lasciando in campo polemiche e contestazioni come quelle della lettera-sfogo del nostro lettore. Al quale però diciamo che la sua pensione non è detto che non arriverà mai prima dei 67 anni o prima di aver raggiunto la contribuzione previdenziale utile alla quiescenza anticipata ordinaria. Perché misure di pensionamento anticipato esistono già a 63 anni e senza passare dall’APE sociale. E poi, potrebbero esserne varate altre che risolverebbero il suo problema come quello di tanti altri lavoratori nelle stesse condizioni.

La quota 103 prima dei 63 anni, ma con quale carriera?

La quota 103 è la misura che nel 2023 ha consentito e continuerà a permettere, pensionamenti a partire dai 62 anni.

Almeno fino al 31 dicembre, quanti compiono 62 anni di età, e hanno una carriera di 41 anni di contributi almeno, possono rientrare in questa uscita. E sembra probabile che anche nel 2024 la misura verrà prorogata. Sempre tra le ipotesi, inoltre, si parla di una pensione flessibile proprio a partire dai 62 anni come soluzione alla riforma delle pensioni. E allora aspettare la legge di Bilancio è quello che i lavoratori dovrebbero fare, per verificare se il 2024 porterà alcune buone nuove in materia. Con possibilità superiori di pensionamento che come detto prima, oggi mancano.