Ci sono misure davvero particolari che possono consentire a determinati lavoratori di andare in pensione prima del previsto. E si parla di addirittura 7 anni prima del previsto, perché si parte dai 60 anni di età. Una misura che molti lavoratori nemmeno conoscono o che non capiscono come funziona. Pensione 7 anni prima, ecco come fare e per chi è questa favorevole misura dai 60 anni di età che molti non sanno di poter sfruttare.

“Gentili esperti di Investire Oggi, volevo delle spiegazioni riguardanti l’isopensione.

Ho appena compiuto 60 anni di età e quindi ho l’età giusta per questa pensione. Ma non capisco il funzionamento. E nemmeno in azienda mi hanno saputo dare spiegazioni. Ho 33 anni di contributi, di cui gli ultimi 15 anni passati continuativamente al lavoro presso una azienda che produce materiale per costruzioni. Sono stanco di lavorare e alla prima occasione utile vorrei andare in pensione. Secondo voi l’isopensione è una via percorribile? E se sì, mi spiegate cosa devo fare?”

Pensione 7 anni prima, ecco come fare e per chi è questa favorevole misura dai 60 anni di età

Non solo quest’anno ma addirittura fino al 2026, alcuni lavoratori e alcune aziende potranno sfruttare l’isopensione. Lo ha stabilito il decreto Milleproroghe, che ha confermato fino all’anno 2026 la misura. Una misura che rientra tra i cosiddetti scivoli aziendali. Si tratta di misure che favoriscono, almeno nelle mire dei legislatori, il ricambio generazionale in azienda, il cosiddetto turnover e lo svecchiamento dell’organico dipendenti. Misure che, per esempio, stanno tornando di attualità adesso che Governo e sindacati hanno riaperto il tavolo della trattativa sulla riforma delle pensioni. Infatti dall’ultimo incontro è emersa l’intenzione del Governo di riunificare in una unica misura i vari strumenti di esodo che all’isopensione aggiungono anche il contratto di espansione e i vari accordi di esodo incentivato tra aziende e sindacati.

Cos’è l’isopensione e quando è nata

Isopensione in parole povere è quella misura che consente il prepensionamento di 7 anni per i lavoratori di determinate aziende. Ma gli incentivi all’esodo sono misure che non funzionano come una normale pensione. Non può il lavoratore interessato andare a presentare autonomamente una domanda di pensione all’INPS, chiedendo i benefici dell’isopensione. Al contrario delle misure classiche, per l’isopensione serve una procedura che tira dentro i sindacati e il datore di lavoro, con accordi da stipulare in sede ministeriale. Detto che il decreto Milleproroghe ha confermato la misura fino al 2026, vediamo di capire bene come funziona questa opportunità di lasciare il lavoro godendo di un anticipo che forse non ha eguali nel sistema pensionistico italiano. Uscire a 60 anni e quindi 7 anni prima di compiere i 67 anni per la pensione di vecchiaia non è certo una cosa comune a molte misure.

Isopensione, ecco come funziona la misura che consente di uscire a 60 anni

L’Isopensione è una misura introdotta grazie all’articolo n° 4 comma 1 e comma 2 della legge 92 del 2012. Si tratta delle riforma Fornero. La legge riconobbe per i datori di lavoro che in organico avevano almeno 15 lavoratori dipendenti, di partire con questo strumento di esodo per riduzione personale. Grazie a questa normativa, e a seguito di intese e accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in azienda, i lavoratori più anziani e più vicini alla pensione, potevano essere accompagnati nel lasciare il lavoro. Nata per concedere fino a 4 anni di prepensionamento, negli anni successivi e quindi fino al 2026, da 4 anni di anticipo si è arrivati a 7 anni.

Cosa deve garantire l’azienda per mandare in pensione già a 60 anni i suoi dipendenti

L’azienda deve quindi trovare intesa coi sindacati. E si deve impegnare a versare all’INPS il corrispettivo mensile che sempre l’Istituto Previdenziale deve versare per tutti gli anni mancanti ai 67 anni, ai lavoratori in isopensione.

Anzi, il datore di lavoro deve versare all’INPS pure la contribuzione previdenziale spettante al lavoratore interessato dall’isopensione, per tutti i mesi di godimento di questa prestazione. Il lavoratore quindi gode di un autentico assegno di pensione anche se non è effettivamente una prestazione previdenziale classica. E non ci rimette nulla nemmeno dal punto di vista contributivo.

L’intesa tra azienda e parti sociali deve essere siglata in sede governativa e avallata dall’INPS. Infatti l’Istituto Previdenziale ha l’ultima parola, dal momento che deve controllare i requisiti contributivi di ogni lavoratore interessato da questo esodo e le dimensioni organiche dell’azienda stessa. Essendoci dietro un impegno da parte dell’azienda a coprire ciò che l’INPS pagherà ai lavoratori, è evidente che servano garanzie assicurative. Infatti è richiesta per l’azienda l’apertura di una fidejussione a copertura della solvibilità aziendale in tutta l’operazione.

Fino al 2026 isopensione ok, ma occhio alla riforma delle pensioni

Alla luce di quanto detto, il nostro lettore non può certo chiedere da solo il beneficio dell’isopensione. Innanzi tutto occorre verificare se l’azienda per cui lavora rientra tra quelle che, per dimensioni aziendali, possono rientrare nell’isopensione. E poi serve che la stessa azienda come detto, avvii processi di riduzione del personale e di svecchiamento dell’organico. La volontà dell’azienda deve essere questa altrimenti nulla può essere fatto dal lavoratore in questione. Oltretutto, come dicevamo, fino al 2026 la possibilità dovrebbe essere valida. A meno che le ipotesi che emergeranno dai summit tra Governo e sindacati non cambino le carte in tavola, modificando scenari futuri e misure di questo genere.