Nonostante le discussioni in corso l’avessero indicata come potenziale misura aggiuntiva al sistema pensionistico, Quota 41 non dovrebbe rientrare tra gli strumenti ponte per il 2024.

Almeno non nella forma piena e nemmeno per tutti i contribuenti. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha tirato una riga abbastanza netta su quelli che saranno i margini di manovra della futura Legge di Bilancio. Anzi, per la verità il titolare del Mef ha messo in correlazione la riforma delle pensioni con la crescita della denatalità in Italia, confermando che le possibilità di funzionamento di qualsiasi rimodellamento del sistema non funzionerebbe senza un adeguato ricambio generazionale.

A ogni modo, il rallentamento del percorso di riforma non dipende unicamente da questo. Il principale problema potrebbe trovarsi nelle risorse a disposizione, non sufficienti per garantire un meccanismo nuovo ma, assai probabilmente, abbastanza per lasciare al loro posto tutti gli strumenti attualmente in vigore, da Quota 103 agli altri sistemi di anticipo.

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) potrebbe fornire qualche risposta in più. A ogni modo, difficilmente la strada intrapresa sarà cambiata, anche perché il tempo a disposizione non è più molto. Già alla metà del mese di ottobre dovrebbe essere pronta la bozza della Manovra. E, in questo senso, il tema pensioni potrebbe risultare maggiormente delineato, almeno per quel che riguarda l’immediato futuro. L’Ape sociale, così come Opzione Donna, dovrebbero quindi restare al loro posto, mentre per l’alternativa di Quota 41, sostenuta dalla Lega, dovrà attendere ancora le discussioni del 2024. L’unica possibilità è nell’applicazione del meccanismo in forma parziale, come test per un’eventuale opzione in pianta stabile per i prossimi anni.

Pensione, niente Quota 41? Le alternative per uscire dal lavoro a 63 anni

Per la revisione totale del meccanismo, come avviene ormai da alcuni anni a questa parte, ci sarà da attendere.

Se non altro, si ragionerà nell’ottica di un sistema provvisorio già consolidato, visto che la sola Quota 103 ha garantito la stragrande maggioranza dei pensionamenti nel 2023 e, peraltro, in appena sei mesi ha superato i risultati ottenuti da Quota 102 in un anno. Come detto, invece, poche possibilità di vedere ripristinata Quota 41, se non in forma parziale. Il problema è che, anche in questo caso, sarà necessario stanziare una serie di risorse che, nei piani del Governo, dovrebbero essere destinate a ulteriori provvedimenti. È quindi probabile che si vada ad ampliare il catino dei lavori gravosi, consentendo a più lavoratori di accedere ai benefici dell’Ape Sociale. In questo modo, si potrebbe uscire dal mondo del lavoro con una contribuzione di 36 anni e un’età anagrafica di 63.

Non solo. Opzione Donna dovrebbe essere confermata, anche se non in blocco. Al momento, le normative del trattamento (rivisto in un’ottica restrittiva con la scorsa Manovra) consentono l’uscita con requisiti variabili solo al maturare di determinate condizioni. Il sistema attuale, nello specifico, richiede uno sforzo maggiore alle lavoratrici nate nel 1964 o nel 1965, per le quali avrebbero funzionato i requisiti validi fino al 31 dicembre 2022. Non è chiaro, al momento, se sarà garantita una deroga per l’accesso all’Ape oppure se l’Opzione sarà rivisitata al rialzo. Una prospettiva che, visti i presupposti, non sembrerebbe un’opzione. Anzi, nelle scorse settimane era stata preventivata la possibilità di un ulteriore giro di vite.

Riassumendo…

  • Nella prossima Manovra non sarà inserita la riforma delle pensioni ma dovrebbero essere confermati tutti gli strumenti di anticipo;
  • poche possibilità per Quota 41, se non in forma parziale. Probabile il potenziamento dell’Ape Sociale per i lavori gravosi;
  • non è chiaro il futuro di Opzione Donna, che oscilla tra un potenziamento e un’ulteriore restrizione dei paletti.