Si torna a parlare di patrimoniale. Quando i media non sanno come tenere alto il livello di attenzione di lettori e ascoltatori, ecco che salta fuori il solito ritornello che fa tremare i polsi.

Ma come ha ribadito il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, una patrimoniale causa Covid-19 è da escludere, soprattutto in un momento critico come questo per le famiglie e, in particolare, dopo lo svincolo agli stretti requisiti di bilancio imposti all’Italia (e ad altri Paesi) dalla Ue.

Gualtieri: non faremo mai la patrimoniale

In altre parole, siamo autorizzati a fare più debito, ma non troppo. L’Italia ha già un debito pubblico molto elevato e, in rapporto al Pil, è in secondo d’Europa dietro a quello della Grecia. “Noi siamo per la progressività delle imposte – ha precisato Gualtieri – quindi non faremo mai la patrimoniale”. Il titolare del Tesoro ha confermato la situazione difficilissima in cui versa l’economia italiana: “stiamo tentando di aiutare al meglio possibile gli italiani, i lavoratori e le imprese. Alcune misure hanno funzionato, altre hanno richiesto del tempo. Per questo le abbiamo modificate e migliorate, come la cassa integrazione in deroga, che adesso sta funzionando”.

Nessun prelievo sui conti correnti

Belle parole e promesse che fanno tirare un sospiro di sollievo a chi teme, memore della disastrosa esperienza del 1992 a guida Giuliano Amato (rapina sui conti correnti), che il governo possa agire d’impulso e varare un prelievo forzoso. Secondo gli esperti, però, il rischio che qualcosa possa succedere presto o tardi c’è, anche perché se la ripresa economica tarderà a tornare o il coronavirus farà altri danni imprevisti in futuro, un provvedimento impopolare dovrà essere preso. La stampa anglosassone, la scorsa settimana, aveva anche messo in guardia l’Italia sull’eccessivo ricorso a interventi economici assistenziali a pioggia (bonus Inps) senza intervenire per alleggerire la pressione fiscale, il che porta inesorabilmente a indebitarsi velocemente.

Patrimoniale e IMU sulla prima casa

Ma se patrimoniale dovesse essere, questa non sarà sui conti correnti. L’ipotesi più accreditata dagli esperti, e che probabilmente è già stata preconfezionata dai tecnici del Mef ma viene tenuta rigorosamente sotto chiave, è quella di un intervento sugli immobili. In altre parole si agirebbe sull’IMU reintroducendo l’imposta sulla prima casa, abolita dal governo Berlusconi, e sulle rendite catastali, ferme dal 1989 che valgono circa un terzo del valore commerciale medio degli immobili. Agendo su queste due leve, si stima che il fisco possa incassare dai 20 ai 35 miliardi di euro in più all’anno. Un lavoro sporco che però non potrebbe essere fatto da questo governo e nemmeno da un governo politico.

Successioni, Iva e accise nel mirino del governo

Le altre misure sui cui potrebbe far leva l’esecutivo, meno impopolari ma altrettanto dolorose, e che sono già state studiate in passato, sono l’innalzamento delle imposte sulle donazioni e successioni con riduzione delle relative franchigie. L’Italia è il Paese della Ue che, in questo ambito, paga meno tasse di tutti. Basterebbe modificare la legge voluta dal governo Prodi sulla franchigia nelle successioni per fare cassa per centinaia di milioni di euro in più ogni anno. Terzo pilastro su cui potrebbe fare leva il governo è l’IVA e le accise. La rimodulazione delle imposte sul valore aggiunto dei beni di largo consumo non alimentari potrebbe salire di un punto percentuale, mentre le risorse energetiche, come i carburanti, subirebbero un rincaro con l’incremento delle accise. Sul punto il governo era già al lavoro per la legge di bilancio del 2021 prima che scoppiasse l’emergenza coronavirus e prima che venissero rimosse le clausole di salvaguardia di bilancio.