Alta tensione sui paradisi fiscali in Europa. La Commissione europea ha puntato il dito contro sei Stati a fiscalità privilegiata ritenuti responsabili di evasione fiscale ai danni dei Paesi membri. SI tratta di Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda, Cipro, Malta e Ungheria.

Secondo Ursula von der Leyen questi Paesi ostacolano la raccolta del gettito tanto necessario all’Unione nel post pandemia. Le sei nazioni paradisi fiscali sarebbero responsabili di una perdita pari a 37 miliardi di euro avendo istituito leggi che favoriscono l’elusione fiscale.

Bruxelles contro i paradisi fiscali

Che qualcosa stia per cambiare è evidente. Per anni anche Bruxelles ha tollerato l’esistenza di paradisi fiscali all’interno della Ue. Lo stesso presidente predecessore Junker proveniva da un paradiso fiscale, il Lussemburgo.

Oggi, con la pandemia che ha distrutto l’economia di mezzo mondo, le cose stanno prendendo una piega diversa. L’imput arriva anche dall’altra sponda dell’Atlantico dove il presidente degli USA Joe Biden è alquanto determinato a perseguire i grandi evasori. Cioè quelle multinazionali e colossi del web che realizzano fatturati miliardari con sedi legali nei paradisi fiscali.

Così, anche Bruxelles si sta allineando nonostante i numerosi rinvii per l’istituzione di un regime comune per il calcolo della base imponibile delle società europee che risale a 10 anni fa. Un tentativo di armonizzazione fiscale che non è mai andato in porto, ma che ora, causa pandemia, potrebbe veramente tornare di attualità.

237 miliardi di dollari non dichiarati

Nella relazione annuale sulla tassazione 2021, la Commissione europea attribuisce ai sei Paesi a fiscalità privilegiata molte responsabilità derivanti da indizi e prove di aver favorito l’elusione fiscale.

Alla base di tutto ci sono le leggi sulla fiscalità specifica degli Stati, considerati a tutti gli effetti paradisi fiscali. L’Irlanda, ad esempio, con il suo 12,5% di imposte sulle società crea un danno erariale enorme agli altri Paesi membri.

E così Lussemburgo e Olanda la cui legislazione favorisce le compagnie sui ricavi realizzati all’estero. Questi Paesi, insieme a Cipro, Malta e Ungheria sono responsabili per i mancati introiti degli altri Paesi dell’Unione.

In tutto si parla di 237 miliardi di dollari di base imponibile ogni anno. Soldi che se venissero dichiarati nei Paesi di origine aiuterebbero ad abbassare la pressione fiscale a tutti i cittadini comunitari.

I flussi di denaro

Ma come si fa a scovare gli evasori nei paradisi fiscali? Secondo la relazione europea sulla tassazione annuale, flussi elevati di denaro da Paesi membri Ue verso le sei nazioni citate sono indicazione di evasione, dato che quest’ultimi sono probabilmente usati in schemi di pianificazione fiscale aggressiva.

A tal proposito, è utile guardare agli investimenti diretti esteri (Ide) che catturano gli investimenti transfrontalieri tra società collegate. Nell’ultimo decennio, lo stock di investimenti esteri diretti era cresciuto del 16,5 per cento in Irlanda, del 6,9 in Lussemburgo, del 2 per cento in Italia e dell’1,1 per cento in Germania. Senza parlare dei fondi che defluiscono off shore, cioè verso paradisi fiscali al di fuori dell’Unione Europea

Questo fenomeno produce, ovviamente, rilevanti perdite di gettito fiscale. A sorpresa sono superiori in Germania (il 26,1 per cento delle entrate da corporate tax), in Francia (22,1) negli Stati Uniti (19,2) rispetto all’Italia (15,5). A livello mondiale la perdita di gettito è stimata nel 9 per cento del totale.

Il dato più sorprendente, però, è quello che riguarda il salasso delle entrate fiscali che subiscono i Paesi europei per “colpa” dei loro partner. Tradotto: maggiore pressione fiscale per tutti i cittadini Ue.