Sono tre le misure che il governo pare intenzionato a prorogare per il 2024 e che consentirebbero così di superare momentaneamente l’inasprimento dei requisiti previsti dalla riforma Fornero. Senza la proroga di alcune misure che scadono tutte e 3 il 31 dicembre prossimo infatti, per i lavoratori che intendono andare in pensione non resterebbe che ancorarsi alle regole previste da questa riforma.

Naturalmente la proroga di queste misure non equivarrebbe a una vera riforma delle pensioni, ma sarebbe una specie di panacea momentanea.

Il Governo così avrebbe tempo nel 2024 di arrivare in porto con il progetto riformatore. Le misure che il governo pare intenzionato a prorogare sono l’Ape sociale, opzione donna e la quota 103. Soprattutto su Opzione donna però ci sono alcune cose da dire, anche perché le ultime ipotesi di proroga piacciono poco alle interessate. E parliamo di lavoratrici che puntano alla pensione con questo strumento nel 2024, perché evidentemente oggi non hanno i requisiti per farlo.

Perché c’è attesa sulle novità del regime contributivo agevolato per le donne

Tante lettrici ci chiedono consigli sul da farsi con la nuova Opzione donna. Non avendo ancora sicuro lo scenario che ilo governo metterà in piedi da gennaio, possiamo parlare di opzione donna con tre variabili. Una è quella che pare il governo abbia già in progetto, un’altra guarda alla vecchia misura ed una invece prevede un aumento consistente dell’età di uscita.

“Buonasera, volevo conferme su quello che leggo in giro. Davvero Opzione donna nel 2024 resterà praticamente quella odierna con l’unica novità della cancellazione del vincolo sui figli avuti? Se fosse così resterei tagliata fuori comunque. Sono una maestra di scuola e compio 60 anni a gennaio. I 35 anni di contributi li ho completati nel 2023 e quindi potevo andare in pensione se nel 2023 la misura non fosse nata solo per poche categorie (ed io sono esclusa).

Significa che devo mettermi l’anima in pace anche per il 2024?”

Opzione donna con tre variabili, ecco la pensione anticipata per le donne 2024

La via che probabilmente piace di più alle lavoratrici è quella che va nella direzione di un ritorno al passato. Opzione donna infatti fino al 2022 cioè fino a prima della proroga 2023, consentiva il pensionamento alle lavoratrici che raggiungevano i seguenti requisiti:
  • almeno 58 anni di età le dipendenti;
  • almeno 59 anni di età le autonome;
  • 35 anni di contributi previdenziali versati.
A 57 anni invece possono andare in pensione le casalinghe. Ma con diversi requisiti. Nel 2023 invece la misura ha cambiato pelle, limitandosi a 4 categorie di beneficiarie potenziali, e piuttosto ridotte come platea. Già la semplice riproposizione di opzione donna alla vecchia maniera potrebbe essere una soluzione molto auspicata, almeno stando ai quesiti dei lettori. E anche la nostra maestra del quesito sopra citato così potrebbe sfruttare l’occasione di anticipare la pensione. Anche perché è pur sempre vero che opzione donna prevede un ricalcolo contributivo della prestazione.
Questo significa che le lavoratrici come pegno per una uscita anticipata rispetto ai requisiti ordinari, devono accettare di prendere una pensione più bassa di quella che prenderebbero senza anticipo.
La via non sembra essere considerata dal governo, anche se a conti fatti le lavoratici contribuirebbero alla maggiore spesa previdenziale lasciando parte della pensione che hanno maturato pur di andare in pensione prima. Il fatto è che man mano che passano gli anni le penalizzazioni per le lavoratrici sarebbero sempre minori.

Perché più si va avanti meno penalizzate sarebbero le lavoratrici con opzione donna?

Il fatto è che il calcolo contributivo notoriamente produce una pensione più bassa di quella che esce fuori dal calcolo retributivo. E più sono gli anni di contributi che una lavoratrice ha maturato in epoca retributiva, più perde di pensione se accetta il calcolo contributivo.
Per quante hanno versato 18 o più anni di contributi prima del 31 dicembre 1995, il calcolo più vantaggioso (il retributivo, ndr), come meccanismo di salvaguardia, arriva fino al 2012. Per le altre invece il calcolo retributivo si ferma solo al 31 dicembre 1995 e diventa contributivo dal 1° gennaio 1996.
Sono sempre meno le lavoratrici ancora attive che possono vantare una carriera lunga 18 anni e più prima del 1996. Pertanto la penalizzazione diventa sempre meno rilevante ad uscire con opzione donna. E la misura rischia di avere un appeal maggiore che produrrebbe un eccesso di spesa per il governo e questo non si può permettere.

Cosa pare abbia intenzione di fare il governo con Opzione donna 2024

Ritornare alla misura così come era in passato quindi potrebbe tornare ad essere un valido strumento di pensionamento anticipato per queste lavoratrici ma difficile arrivare a questo. Lo dimostrano le ultime indiscrezioni circa la volontà dell’esecutivo di intervenire sulla misura in questione. Il governo vorrebbe solo assecondare le richieste di non utilizzare più i figli come discriminante sull’età di uscita dal lavoro. Ma a guardare bene Opzione donna, i figli avuti incidono solo per invalide e caregivers. che sono due delle categorie a cui è stata concessa opzione donna 2023, insieme a disoccupate e lavoratrici di aziende con tavoli di crisi avviati. Per capire bene meglio guardare ai requisiti di opzione donna oggi. La misura riguarda solo ed esclusivamente:
  • invalide;
  • caregivers;
  • disoccupate;
  • lavoratrici di aziende con tavoli di crisi avviati.
Niente Opzione donna per le altre lavoratrici quindi. Platea molto ridotta. Basti pensare al fatto che quando si parla di tavolo di crisi, si fa riferimento a quelle aziende che hanno provveduto all’attivazione di un tavolo di crisi presso il Ministero delle imprese e del Made in Italy. Una situazione che riguarda aziende di rilevanza strategica per l’industria italiana. I requisiti 2023 di Opzione donna rispetto al passato sono cambiati. Solo i 35 anni di contributi sono rimasti gli stessi, mentre per l’età si adotta uno schema diverso.
Infatti abbiamo:
  • 58 anni per disoccupate, tavoli di crisi, invalide con 2 o più figli avuti e caregivers con 2 o più figli avuti;
  • 59 anni di età per invalide e caregivers con un solo figlio;
  • 60 anni di età per invalide e caregivers senza figli.
Il Governo lascerebbe quindi intatte le platee, portando l’età di uscita a 58 anni a tutte e 4 le categorie, senza limiti sui figli avuti, ma lasciando fuori tutte le altre lavoratici. In questo caso la nostra lettrice sarebbe fuori.

Pensione per le donne, si cambia nome?

La terza via finirebbe anche con il cambiare nome alla misura. Infatti si vorrebbe rendere Opzione donna simile all’Ape sociale, a tal punto da chiamarla Ape rosa. Anche in questo caso si tratta di una semplice ipotesi, di cui ormai si parla anche poco. Il fatto sarebbe che per tutte le lavoratrici, a prescindere dal lavoro svolto, verrebbe concessa la pensione a 63 anni di età con 35 anni di contributi. Ma se deve somigliare all’Ape sociale, allora potrebbe venire meno anche il vincolo del ricalcolo contributivo della prestazione. La misura diventerebbe e più favorevole come importo della pensione, ma meno come età di uscita visto che come tutti sanno l’Ape fa andare in quiescenza a partire dai 63 anni di età.