Il governo Meloni sarebbe pronto a fare un passo indietro sulla riforma di Opzione Donna 2023. Le recenti proteste delle lavoratrici e dei sindacati hanno sollevato seri dubbi di costituzionalità sulle restrizioni adottate con la legge di bilancio.

Come noto, da quest’anno per andare in pensione anticipata con Opzione Donna servono due anni in più di età (con sconto fino a 58 anni in presenza di figli) e l’appartenenza a determinate condizioni sociali di disagio. Più precisamente bisogna essere invalide, caregiver o licenziate.

Opzione Donna verso la revisione dei requisiti?

Restrizioni che, nel complesso, portano di punto in bianco alla soppressione quasi totale di Opzione Donna. Sarebbero, infatti, il 90% in meno le potenziali lavoratrici beneficiarie rispetto allo scorso anno. Numericamente, circa 2.500 persone.

Come riporta Il Sole 24 Ore, Opzione Donna potrebbe quindi subire delle modifiche in senso meno stringente. Più che altro riguardo al requisito anagrafico che prevede uno sconto di 1 anno per ogni figlio fino a un massimo 2 anni totali. Cosa che, lungi dal favorire la natalità, crea disparità di trattamento fra le lavoratrici.

Difficile, invece, che si vada a rivedere i requisiti sociali, anche perché si riproporrebbe la questione delle coperture finanziarie, già stabilite con la legge di bilancio. Mentre sull’età anagrafica ci sarebbe più spazio di manovra per una revisione che inciderebbe numericamente poco sulle aventi diritto alla pensione anticipata.

Difficile tornare indietro

Tuttavia, nonostante la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone si sia detta disposta a rivedere Opzione Donna, dal Mef arriva una secca smentita. Secondo fonti ministeriali non sarebbe più possibile intervenire sul meccanismo di pensionamento in corso d’opera. Le modifiche sono già state recepite e riammorbidire i requisiti scatenerebbe una valanga di ricorsi oltre che di cause.

Si pensi anche solo alle lavoratrici della scuola che entro il 28 febbraio non hanno potuto presentare domanda di pensione anticipata.

Bisognerebbe riaprire i termini con nuovi criteri, rivendere le procedure del Miur e coinvolgere l’Inps. Per non parlare dei ritardi che ne conseguirebbero.

Le modifiche di Opzione Donna adottate, nonostante le proteste, rappresentano un deciso cambiamento di rotta che non lascia dubbi sulle intenzioni del governo di tagliare le pensioni anticipate. Come confermato anche dal sottosegretario all’Economia Federico Freni in una sua dichiarazione:

“Purtroppo Opzione donna non era sostenibile economicamente. Ma si tratta di una misura che intercetta un bisogno di tutela cui non possiamo e non vogliamo negare risposte

Difficile, quindi, immaginare che si possa tornare indietro. Anzi, è più probabile che dal prossimo anno Opzione Donna sparisca del tutto e confluisca in Ape Sociale. Tanto i requisiti soggettivi sono più o meno gli stessi.