Il decreto Milleproroghe conferma fino al 2026 una misura che era in vigore già nel 2013, ma che nel tempo è stata potenziata e anche prolungata. La misura si chiama isopensione e consente l’accesso alla pensione grazie a un accordo tra azienda e sindacati per svecchiare l’organico dipendenti. In pratica, grazie a questa misura possono andare in pensione quanti hanno raggiunto i 60 anni di età e sono assunti con aziende con almeno 15 dipendenti in organico che hanno intenzione di partire con gli incentivi all’esodo.

Una misura quindi assai particolare, che molti vendono come una possibilità concreta di pensionamento, ma che proprio alla luce di queste particolarità, non è piuttosto complicata. Resta però ottimale, per chi ci riesce, lo sconto sull’età pensionabile canonica. Da 67 a 60 anni sono ben 7 anni di anticipo.

“Buonasera, volevo sapere come funziona davvero l’isopensione. Perché ne sento parlare spesso e il fatto che permetta uscite dal lavoro già a 60 anni per me sarebbe un sogno. Da quanto ho capito però, serve che l’azienda si occupi di tutto, perfino del pagamento della pensione per tutti gli anni di anticipo. Ma a quale azienda converrebbe? Io sono tentato di chiederlo al mio datore di lavoro e vorrei capire meglio, così da dagli qualche motivazione in più.”

Isopensione, ecco di cosa si tratta

Con la definizione di incentivi all’esodo in una azienda, si fa riferimento a un insieme di misure volte a ridurre il personale dipendente, svecchiarlo in alcuni casi e consentire il pre-pensionamento a quelli più vicini alla pensione. L’isopensione si incastona proprio in questo ambito. Il nostro lettore dimostra di avere capito bene il funzionamento della misura. Che consente effettivamente di accedere a un assegno di pre-pensionamento già a 60 anni di età. Ma il lavoratore non può fare tutto da solo, perché deve essere l’azienda ad attivare il meccanismo dopo aver completato una intesa in sede governativa, coi sindacati.

La misura si rivolge solo ai lavoratori del settore privato. Il datore di lavoro e quindi l’azienda, deve avere in organico almeno 15 dipendenti. I lavoratori più anziani quindi, potrebbero sfruttare questo scivolo pensionistico, a totale carico della stessa azienda. Prendendo un assegno e aspettando la maturazione della pensione.

Fino al 2026 ben 7 anni di anticipo

In definitiva, l’isopensione è una misura introdotta dalla ri­forma Fornero, finalizzata agli esuberi. Inizialmente l’anticipo era di soli 4 anni ma adesso è diventato pari a 7 anni. E con l’ultimo decreto Milleproroghe la misura è stata confermata fino al 2026. Il datore di lavoro deve corrispondere l’assegno al lavoratore, per l’intero periodo di anticipo e in misura pari alla pensione maturata dal lavoratore alla data di attivazione dell’intesa coi sindacati. Oltretutto dovrà versare anche la relativa copertura contributiva in modo tale che il lavoratore non perda parte della pensione in futuro. Ricapitolando, aziende e sindacati devono trovare un accordo finalizzato alla gestione degli esuberi. Stilato il programma e quantificati i lavoratori dentro l’esodo, ecco che gli stessi lavoratori sono liberi di accettare il prepensionamento o no. Dipende dalla loro volontà quindi. Anche se c’è da dire che spesso sono spronati ad accettare da ulteriori incentivi che l’azienda offre loro (il più delle volte premi in denaro).

Alcuni chiarimenti sull’ispoensione

L’assegno è finanziato dall’azienda quindi. L’azienda è obbligata a dotarsi di una fidejussione bancaria in modo tale da coprire i costi dell’intera operazione nel caso qualcosa vada storto. L’INPS ha l’onere di verificare la consistenza organica dell’azienda e lo stato contributivo dei lavoratori finiti dentro l’esodo e l’accordo tra datore di lavoro e parti sociali. Se tutto è ok, l’INPS risponderà positivamente alla domanda di isopensione dell’azienda.

Infatti l’INPS è l’ente che materialmente erogherà l’ispoensione ai lavoratori, come fosse una normale pensione. Va ricordato che rispetto a una classica pensione, questa non prevede adeguamenti al tasso di inflazione per tutta la sua durata. Non è una misura reversibile a causa di morte del lavoratore e non prevede assegni per il nucleo familiare. Può essere sfruttata anche da quelle aziende in crisi che decidono di avviare licenziamenti collettivi.