È arrivato l’arrotino…! Aggiustiamo cucine a gas… forno a gas… Facciamo tutto quanto ma solo in contanti!

Sembra davvero lo slogan del più tipico degli ambulanti storici. O una piece teatrale in unico atto sul quale, però, non cala mai il sipario. Ci riferiamo alla storia dell’obbligo di POS.

Obbligo a 60 euro…obbligo a 30 euro…obbligo a qualsiasi importo!

Adesso siamo di nuovo al punto di partenza. Esce dalla Legge di bilancio 2023 la soglia dei 60 euro come inizialmente prevista.

Dunque, se tutto sarà confermato, resterà sanzionabile il venditore che rifiuta il pagamento con POS per qualsiasi cifra. Pertanto, anche se la transazione di vendita fosse di un solo euro.

Per contro, verrebbe introdotto un credito d’imposta per le commissioni che i commercianti pagano su ogni pagamento con POS accettato.

Obbligo POS, le origini

È l’Art. 15, comma 4 bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 a disciplinare l’obbligo del POS. Più che obbligo, è previsto un sistema sanzionatorio per gli esercenti che rifiutano il pagamento elettronico.

In particolare la norma stabilisce che, dal 30 giugno 2022, gli esercenti attività possono subire sanzioni nel caso in cui dovessero rifiutare il pagamento tramite POS di beni e servizi. La disposizione, come formulata, non prevede limiti di importo. Quindi, qualsiasi rifiuto è sanzionabile.

La sanzione è pari a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione per la quale è stata rifiutata l’accettazione del pagamento elettronico.

Interessati sono i seguenti soggetti:

  • commercianti
  • artigiani
  • liberi professionisti (commercialisti, avvocati, ecc.)
  • tassisti
  • tabaccai
  • venditori ambulanti
  • attività ricettive (ristoranti, alberghi, ecc.).

L’Agenzia delle Dogane e Monopoli, con la determina de 24 ottobre 2022, ha escluso i tabaccai dall’obbligo POS (e per chi ha il patentino) limitatamente alla vendita di generi di monopolio, di valori postali e valori bollati.

L’ultimo atto elimina la soglia di 60 euro

La Legge di bilancio 2023, come licenziata dal Governo, interveniva stabilendo che il sistema sanzionatorio scattasse solo laddove il rifiuto avesse a oggetto un importo oltre i 60 euro.

Dunque, una soglia al di sotto della quale il rifiuto del venditore al pagamento elettronico non è sanzionabile. Sul punto però adesso la maggioranza parlamentare (che aveva deciso tale soglia) si trova costretta a fare un passo indietro.

Nel pacchetto di emendamenti presentati in fase di discussione, infatti, trova spazio quello che elimina la citata soglia e prevede, invece, un credito d’imposta per i venditori. Credito d’imposta che verrebbe riconosciuto sulle commissioni pagate alla banca.

Questo, se tutto troverà conferma, significherà il rispristino della norma alle sue origini (paragrafo precedente).

Il passo indietro trova giustificazione nel fatto che la norma, così come prevista, risulta essere in contrasto con l’obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ossia l’introduzione di “efficaci sanzioni amministrative in caso di rifiuto di accettare pagamenti elettronici”, oltre che con le raccomandazioni specifiche per l’Italia sulla lotta all’evasione.

Sarà questo davvero l’ultimo atto della vicenda POS?