Ricambio generazionale, nuove assunzioni, ma anche aumenti e riconoscimento degli arretrati (2019/2020 e 2021) alla firma del nuovo contratto da parte dei lavoratori statali: sono questi i punti cardine della riforma della Pubblica amministrazione voluta dal ministro Renato Brunetta.

A partire dalla firma del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale“, Il Governo ha avviato a tal proposito i primi confronti con i sindacati, cercando di coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori nella PA e fissando i primi obiettivi.

Nuovo Contratto lavoratori statali: gli obiettivi della riforma Brunetta

All’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) verranno inviati gli atti di indirizzo di propria competenza per il riavvio della stagione contrattuale, ma sappiamo già che uno degli elementi cardine del Patto è il rinnovo dei contratti relativi al triennio 2019-2021, che interessa oltre 3 milioni di dipendenti pubblici e vedrà confluire l’elemento perequativo delle retribuzioni all’interno della retribuzione fondamentale.

Attraverso i contratti collettivi del triennio 2019-2021, inoltre, si procederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, ricorrendo a risorse aggiuntive con la legge di bilancio per il 2022 e adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze, col fine di valorizzare le specifiche professionalità non dirigenziali dotate di competenze specialistiche ed estendere i sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite negli anni, anche tramite opportune modifiche legislative. Da qui, l’obiettivo di definire politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento al miglioramento delle competenze digitali e di specifiche competenze avanzate di carattere professionale, ma anche di adeguare i sistemi di coinvolgimento sindacale, valorizzando gli strumenti di partecipazione organizzativa e il ruolo della contrattazione integrativa.

Formazione e riqualificazione, quindi, assumeranno il rango di investimento strategico e non saranno più considerati come mera voce di costo e, a proposito di investimenti, i primi che verranno approvati a partire dal rinnovo dei contratti saranno destinati agli aumenti riconosciuti sul cedolino e al pagamento degli arretrati.

Nuovo contratto PA: tutti gli aumenti in busta paga

Stando alle prime stime elaborate da Confsal-Unsa, le risorse stanziate dal Governo (circa 7,8 miliardi di euro) garantiranno un aumento medio del 4,07% a tutti i lavoratori impiegati nella Pubblica Amministrazione, con importi in busta paga che non saranno fissi (e uguali) per tutti ma cambieranno a seconda del settore di riferimento.

Nello specifico, tenendo conto della retribuzione media dei dipendenti, per i lavoratori impiegati:

  • nelle Agenzie fiscali (Agenzia Entrate, Dogane, Demanio etc.), dove lo stipendio medio si aggira intorno ai 37.294 euro l’anno, l’aumento corrisponderebbe a circa 116,76 euro mensili lordi;
  • nei ministeri, dove lo stipendio medio si aggira intorno ai 30.211 euro euro l’anno, l’aumento corrisponderebbe a circa 94,58 euro mensili lordi;
  • negli Enti pubblici non economici (come Inps e Inail), dove lo stipendio medio si aggira intorno ai 40 mila euro euro l’anno, l’aumento corrisponderebbe a circa 126 euro mensili lordi;
  • nelle amministrazioni locali (come i comunali), dove lo stipendio medio si aggira intorno ai 29.135 euro l’anno, l’aumento corrisponderebbe a circa 91 euro mensili lordi;
  • per i lavoratori dipendenti del servizio sanitario (esclusi i medici, che fanno parte del personale dirigente e hanno una contrattazione separata), l’aumento dovrebbe essere di poco più di 97 euro mensili lordi;
  • Per il personale della scuola, dove lo stipendio medio si aggira intorno ai 31.500 euro, l’aumento corrisponderebbe a circa 98 euro mensili lordi.

Ovviamente – e come specificato – si tratta di importi medi e non fissi. Per ogni cedolino, infatti, si deve tenere conto di voci di contribuzione e retribuzione differenti, che cambiano in funzione alla mansione e al tipo di impiego.

Non è tutto, bisogna sottrarre alcune voci

Dai 3,750 miliardi stanziati, come spiegano le elaborazioni di Confsal-Unsa, andrebbero sottratte alcune voci come l’indennità di vacanza contrattuale che i dipendenti stanno già percependo, l’elemento “perequativo”, il bonus da 20 a 30 euro per i redditi più bassi introdotto dal precedente contratto, nonché i fondi per il trattamento accessorio delle Forze di polizia, delle Forze armate e dei Vigili del fuoco.

Tutte queste voci, se quantificate in termini di spesa, valgono 960 milioni di euro; cifra questa che rischia di gravare con un -1,035% sugli aumenti promessi e in arrivo.

Questo significa che, se fino ad ora si è parlato di aumenti in busta paga variabili dai 91 euro a 126 euro, al netto delle voci da sottrarre agli stanziamenti, il lordo mensile medio in più per l’intero settore statale non sarebbe più di 107 euro come stimato dall’Esecutivo, ma ammonterebbe a soli 79 euro circa.

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