Il sistema previdenziale italiano è in una fase di stallo perché la riforma delle pensioni che il governo Meloni avrebbe dovuto varare per il 2024 è stata rimandata a una data incerta, perché si parla della fine della legislatura. Anche il 2024 quindi si aprirà con il solito pacchetto pensioni nella Legge di bilancio che al suo interno non avrà grandi novità previdenziali ma soltanto degli interventi tampone come possono essere considerate le proroghe di alcune misure che scadono il 31 dicembre 2023.

Una prassi questa che purtroppo si ripete anno dopo anno, con i governi che si sono succeduti alla guida del Paese che hanno sempre introdotto piccole novità sulle pensioni ma mai interventi davvero radicali e profondi.

E questi interventi tampone hanno di fatto prodotto una situazione per alcuni lavoratori che si avvicina molto al problema degli esodati della riforma Fornero. Problemi che non saranno gravi come quelli che subirono gli esodati dell’epoca, per i quali sono stati necessari diversi interventi di salvaguardia per risolverli. Ma sono pur sempre problemi gravi. E, soprattutto, problemi di cui pochi parlano.

Ecco i nuovi esodati della pensione ma nessuno ne parla

Alcune situazioni limite che hanno portato dei lavoratori a subire un autentico scalone di cinque anni per poter andare in pensione, sembrano poco considerate da chi invece dovrebbe sostenere questi lavoratori. Si tratti di problematiche nate proprio alla luce di queste modifiche continuative a delle misure inserite in via sperimentale e temporanea.

“Buonasera, volevo capire perché oggi non si parla mai dei problemi che negli ultimi anni diversi lavoratori hanno avuto per quanto riguarda la loro pensione. Problemi che invece dovrebbero essere affrontati dalla politica, dai legislatori e soprattutto dalla carta stampata e dai esiti di informazione. Una cosa che invece non accade perché in pratica ci sono lavoratori dimenticati e caduti nell’oblio. Uno di questi sono io, che mi considero un autentico esodato dalle nuove regole per le pensioni in Italia.

Sono uno di quelli infatti che nel 2021 non aveva diritto, per poco, a quota 100, nel 2022 non ha avuto diritto alla quota 102 e adesso non ho diritto alla quota 103 nel 2023 e probabilmente non ne avrò diritto nemmeno l’anno venturo. Nessuno parla dello scalone di cinque anni che lavoratori come me si sono trovati a dover subire. Ho colleghi che hanno lasciato il lavoro nel 2021, e sono miei coetanei. Io invece devo aspettare ancora diversi anni.”

Cosa è cambiato nel sistema pensionistico dal 2017

Prima di approfondire la questione del quesito odierno, bisogna capire cosa è successo al sistema previdenziale italiano negli ultimi anni. Nel 2017 infatti nacquero due misure che sono ancora tutt’oggi in vigore dopo le ripetute proroghe che i governi che si sono succeduti dal 2017 ad oggi hanno provveduto ad effettuare. Le due misure in questione sono la quota 41 per i precoci e l’Ape sociale.
La prima consente il pensionamento a 41 anni di contributi versati e senza alcun limite di età. La seconda invece consente il pensionamento a partire dai 63 anni di età con 30, 32 o 36 anni di contributi versati.

In ogni caso parliamo di due misure che tutto sono tranne che fruibili dalla generalità dei lavoratori. Infatti si tratta di misure destinate soprattutto a invalidi, disoccupati, caregiver e lavoratori alle prese con i lavori gravosi. Parliamo quindi di lavoratori che hanno delle problematiche di natura fisica, familiare o lavorativa.

Le misure di pensionamento anticipato per quotisti, dal 2019 a oggi molto è cambiato

Con il cambio di legislatura, nel passaggio dal governo PD ai governi Conte e Draghi successivamente, sono state introdotte delle misure a quota che consentivano il pensionamento sommando contributi ed età per arrivare alla soglia prestabilita. La prima misura di questo genere è stata la quota 100.

Una misura che è durata tre anni (dal 2019 al 2021, ndr) ed ha consentito il pensionamento a quanti hanno raggiunto contemporaneamente almeno i 62 anni di età ed almeno 38 anni di contributi versati. L’anno successivo, cioè dal primo gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 ha funzionato invece la quota 102.

Il meccanismo è praticamente identico alla precedente misura, ma ciò che è cambiato è stato il fatto che ai 38 anni di contributi minimi da versare, se ne sono aggiunti altri, portando la soglia ai 41 anni. La quota 102 è durata un anno, fino alla fine del 2022 e poi sostituita a sua volta.

La quota 103 per le pensioni anticipate 2023

Infine, nel 2023 e probabilmente anche nel 2024 dopo la proroga che il governo Meloni si accinge a varare nella legge di bilancio, è stata la volta di quota 103. In questo caso i contributi previdenziali da versare sono diventati 41 anni. Mentre l’età pensionabile e ritornata ai 62 anni della quota 100 e non più ai 64 della quota 102. In pratica, dalla quota 100 alla quota 103 molto è cambiato dal 2021 a oggi. Perché prima si è deciso di aumentare l’età pensionabile di queste misure portandola a 64 anni con la quota 102. E poi si decise di alzare la soglia contributiva a 41 anni di contributi versati riabbassando l’età pensionabile a 62 anni.

Un ping-pong di requisiti e normative che hanno prodotto per qualcuno un grave problema che ricorda da vicino quello degli esodati. A tal punto che c’è gente che ha perso, per via di questi cambiamenti, cinque anni di pensione. Soggetti che dovranno adesso puntare esclusivamente ai 67 anni di età della pensione di vecchiaia ordinaria.

I nuovi esodati delle pensioni, ecco di cosa si tratta

Chi sono i nuovi esodati delle pensioni per quotisti? Questa è in sintesi la domanda che ci pone il nostro lettore che si considera proprio un esodato. Non avendo i requisiti per quota  41 per i precoci e per l’Ape sociale, probabilmente non rientrando nelle categorie a cui le due misure si applicano, le misure per quotisti sono state una valida soluzione per molti lavoratori.

Ma è altrettanto vero che c’è chi rispetto a quelli che sono riusciti a centrare le uscite con queste misure, si sono trovati con la necessità di svolgere cinque anni di carriera in più rispetto ai colleghi.

Per esempio c’è stato chi al 31 dicembre 2021 non aveva ancora maturato i 38 anni di contributi utili alla quota 100. In quel caso pur avendo completato i 62 anni di età la pensione anticipata con quota 100 non è stata possibile. L’anno successivo, questo lavoratore anche completando i 38 anni di contributi versati non ha potuto prendere la pensione con quota 102. Perché nel frattempo avrebbe dovuto compiere 64 anni di età e invece ne aveva solo 63.

Niente pensione e scalone di 5 anni

Lo stesso lavoratore nel 2023 non ha potuto prendere la quota 103. Perché pur avendo continuato a lavorare nel 2022 e quest’anno, è arrivato solo a 40 anni di contributi versati. E non ai 41 necessari per la nuova misura. E se uno ha perso il lavoro anche di fronte ad una ipotetica proroga della misura nel 2024, arrivare a 41 anni di contributi versati non sarà possibile e quindi il lavoratore perderà anche questa possibilità.

In pratica la quiescenza per i lavoratori nati nel 1959, che nel 2021 hanno completato i 62 anni di età, oggi anche di fronte a 64 anni di età o 65 anni la pensione con le quote diventa praticamente impossibile da centrare. Rispetto ai nati nel 1959 che sono usciti nel 2021 con quota 100, questi lavoratori si trovano di fronte a qualcosa come cinque anni di scalone. Perché per loro la pensione rischia di arrivare soltanto nel 2026 quando compiranno l’età pensionabile vigente per le pensioni di vecchiaia ordinarie.