Poche novità sulla pensioni, perché tutto è fermo a quello che presto decideranno il governo e i sindacati per la riforma 2024. Parlare di riforma delle pensioni però non sembra in linea con la piega che stanno prendendo i tavoli delle trattative. Ad oggi infatti si deve solo sottolineare che la distanza tra quello che chiedono i sindacati e ciò che il governo ha intenzione di fare, e che forse può fare visti i soldi in cassa, è ancora tanta. Ciò non vuol dire che qualcosa di nuovo, forse anche nel 2024, non verrà fatto.

Perché la settimana scorsa è passata con una grossa novità. Il ritorno a parlare di quota 96.

La misura, scomparsa con la legge Fornero, è tornata di attualità come una delle potenziali misure su cui ragionare. Tra il dire ed il fare però la distanza c’è, ma il solo fatto che quota 96 è tornata di attualità, ha ridato lustro all’argomento previdenziale.

“Scusate se sono forse fuori luogo, ma vi chiedo se davvero l’anno venturo ci sarà la nuova quota 96. Mi ricordo i tempi di questa pensione, perché mia zia ha sfruttato in passato proprio questa possibilità a 60 anni. Io compio 60 anni nel 2024 e maturerò qualcosa come 37 anni di contributi. Se davvero fosse, con la quota 96 mi potrei pensionare. Avete notizie voi?”

Pensione anticipata a 62 anni o prima?

La quota 96 per anni è stata una misura assai appetibile e molto utilizzata per anticipare le uscite. Prima della riforma Fornero questa misura era alternativa alla pensione di anzianità senza limiti di età. Infatti o si lasciava il lavoro con 40 anni di contributi senza limiti anagrafici o con 60 anni di età, 35 anni di contributi e contestuale completamento di quota 96. Immaginare un ritorno “tout court” alle uscite a 60 anni appare oggi esercizio azzardato, a prescindere da ciò che in settimana è emerso. Difficile che il governo riesca ad assecondare la promessa leghista di quota 41 per tutti e pure di assecondare la voglia di pensione flessibile dei sindacati, a partire dai 62 anni.

Ma forse a 62 anni potrebbe davvero essere una soluzione fattibile il rilancio di quota 96. Perché significherebbe consentire il pensionamento a chi si trova con 62 anni di età e 34 anni di contributi per esempio. Non sarebbe la pensione flessibile per tutti a 62 anni con 20 anni di contributi che i sindacati da anni chiedono, ma una valida alternativa alla quota 41 per tutti o alla attuale quota 103 sì.

La nuova quota 96 pensioni, ecco come funzionerebbe tra flessibilità e penalizzazioni

Andare in pensione nuovamente con quota 96 potrebbe essere realtà. Ma scordiamoci i 60+35 della vecchia misura. Perché già sull’età, come detto, si dovrebbe guardare oltre, magari partendo dai 62 anni. Ma se la misura fosse flessibile, come il sistema contributivo dovrebbe essere necessariamente, allora le opportunità aumenterebbero a dismisura. Perché se la combinazione principale parte dai 62 anni, è evidente che la flessibilità concederebbe al salire dell’età di ridurre i contributi necessari.

E quindi apertura alla pensione a 63 anni con 33 di contributi. Oppure a 64 con 32 e così via. E se diventassero valide anche le frazioni di anni, ancora meglio dal punto di vista delle opportunità, con una misura che diventerebbe davvero a misura di tutti.

Calcolo contributivo obbligatorio o tagli lineari di assegno?

Nel sistema contributivo l’interesse dei lavoratori è il versare quanti più contributi possibile per aggiungere soldi alla pensione futura. I contributi che un lavoratore versa mese per mese durante il lavoro, finiscono all’INPS e si accumulano in un salvadanaio chiamato semplicemente montante contributivo. Al momento del pensionamento, ciò al momento dell’apertura di questo salvadanaio, tutto quello che si è versato, finisce con il diventare la rendita vitalizia del lavoratore, ovvero la pensione spettante mensilmente.

L’ammontare dei contributi versati, dopo aver subito l’inevitabile rivalutazione per via dell’inflazione, viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione.

Più bassa l’età di uscita meno favorevole è questo coefficiente. Già questo, in aggiunta all’interruzione dei versamenti con conseguente pensionamento anticipato, è un valido fattore che potrebbe spingere un lavoratore a rimandare la pensione per incrementare il suo importo.

Ma per la nuova quota 96 si parla anche di penalizzazioni per chi la sceglierebbe. Perché come sempre con nuove e più favorevoli misure di pensionamento, l’idea è di renderle penalizzanti in modo tale da ridurre la platea dei potenziali beneficiari.

Come funzionano le penalizzazioni per le pensioni anticipate

Quando si parla di penalizzazioni sulle pensioni, il discorso va sempre sul ricalcolo contributivo. Essendo un sistema di calcolo molto meno vantaggioso rispetto a quello retributivo, una misura anticipata diventa meno favorevole rispetto a quella ordinaria. E le lavoratrici con la loro Opzione Donna lo sanno bene. Infatti per queste lavoratrici a cui negli anni è stato concesso il pensionamento tra i 58 e i 60 anni, il ricalcolo contributivo obbligatorio ha determinato un taglio di pensione anche nell’ordine del 30/35%.

Imporre il ricalcolo contributivo alla quota 96 potrebbe essere la via prescelta per il varo, a oggi ipotetico e difficile, di questa misura. Un’altra strada sarebbe un taglio in linea con la vecchia proposta di Cesare Damiano e il suo DL 857. Taglio lineare di pensione significa che ogni anno di anticipo la pensione spettante viene ridotta di un certo importo. Per esempio, impostare il taglio al 3% per anno rispetto ai 67 anni della quiescenza ordinaria di vecchiaia, significa che a 62 anni un pensionato perderebbe il 15% di assegno. A 63 anni invece il taglio sarebbe del 12%, a 64 anni del 9% e così via.