Arrivati a una determinata età i contribuenti vorrebbero poter andare in pensione liberamente. Soprattutto nei casi in cui il contribuente interessato perde il lavoro, magari a 65 anni di età, andare in pensione sarebbe l’aspirazione di tutti. Tuttavia, le regole del sistema previdenziale non consentono di ricevere un trattamento pensionistico a prescindere da tutto.

È necessario raggiungere l’età adeguata e avere una carriera contributiva sufficiente, particolarmente se il lavoratore interessato non ha versato molti anni di contributi, fermandosi a una carriera “ridotta”.

Cosa chiedono i lavoratori che non riescono ad andare in pensione

Nel momento in cui si perde il lavoro a 65 anni di età, ci sono un paio di soluzioni per ottenere una rendita mentre si attendono i due anni mancanti alla pensione di vecchiaia. Esistono metodi che consentono a un lavoratore di arrivare dai 65 ai 67 anni di età con un supporto finanziario.

“Buonasera, mi chiamo Pietro e sto quasi per compiere 65 anni di età. Ho una carriera di circa 20 anni di contributi versati, anche se manca qualche mese. Purtroppo, ho sentito che l’azienda per cui lavoro sta per chiudere, e quindi probabilmente perderò il mio posto di lavoro. Per questo, volevo sapere se c’è qualcosa che posso percepire in attesa di arrivare all’età giusta per andare in pensione.”

“Buongiorno, sono un lavoratore ormai disoccupato da tempo, ho 65 anni. Ho terminato di percepire la Naspi nel 2023 e ora non sto lavorando più. Posso avere diritto a misure come l’Ape sociale, ora che ho terminato la Naspi? Sono interessato ad andare in pensione perché non ho altre fonti di sostentamento, a meno che non esistano altri strumenti che possa sfruttare in questi due anni che mi mancano per arrivare a 67 anni.”

Niente pensione a 65 anni, ma due soluzioni per prendere una indennità fino ad arrivare a 67 anni

I quesiti sopra esposti sono solo alcuni esempi di situazioni comuni tra coloro che hanno perso il lavoro e si trovano senza pensione e senza lavoro.

Ogni caso è diverso, e non tutti possono andare in pensione o ricevere un trattamento che li accompagni fino alla pensione. Tuttavia, esistono due diverse misure che fungono da accompagnamento alla quiescenza. Queste possono garantire a chi si trova senza sostentamento, come i nostri due lettori, di ricevere un supporto finanziario in attesa della loro pensione.

La Naspi è sicuramente una soluzione che, oltre a garantire una rendita mensile, permette anche la maturazione della contribuzione figurativa. In altri termini, non solo si riceve un ammortizzatore sociale per disoccupati, ma si contribuisce anche alla maturazione di una pensione più alta o si raggiunge quella carriera contributiva necessaria per andare in pensione.

Per ben due anni la Naspi, ma con importi decrescenti

Anche a 65 anni, un ex lavoratore che ha perso l’occupazione può percepire la Naspi, l’indennità di disoccupazione introdotta con il Jobs Act di Matteo Renzi. Questa prestazione è concessa ai lavoratori che perdono involontariamente il lavoro e dura esattamente la metà delle settimane lavorative dell’ultimo quadriennio. Chi ha perso un lavoro avviato quattro anni prima e lavorato consecutivamente ha diritto a un massimo di 24 mesi di Naspi.

Questa indennità, calcolata al 75% delle retribuzioni medie degli ultimi quattro anni, vede il suo importo ridursi del 3% al mese a partire dal sesto mese, fino a ridursi alla metà nei finali 24 mesi. Ed è particolarmente utile per chi si trova a due anni dalla quiescenza. Anche per chi ha solo 18 anni di contributi, poiché i due anni di Naspi contano per il diritto alla pensione di vecchiaia.

Anticipo pensionistico sociale, a 65 anni non è una vera pensione

Un altro strumento utile per chi deve attendere due anni per la pensione è l’Ape sociale, un’anticipazione pensionistica per specifiche categorie di lavoratori.

Chi a 65 anni ha accumulato una carriera contributiva adeguata può beneficiare dell’Ape sociale, che è accessibile a partire dai 63,5 anni di età con almeno 30 anni di contributi, o 36 anni per lavori gravosi. L’Ape sociale è disponibile anche per caregiver di un familiare disabile grave, convivente da almeno sei mesi o per disoccupati che non percepiscono più la Naspi.

A differenza della Naspi, l’importo dell’Ape sociale non varia nel tempo e non può superare i 1.500 euro al mese, senza prevedere tredicesime. A 67 anni, questa misura decade e il beneficiario deve richiedere la pensione di vecchiaia.

Cosa c’è nel sistema che garantisce due anni di indennità in attesa della quiescenza

L’Ape sociale, sebbene considerata una pensione, è in realtà solo un reddito ponte per arrivare alla pensione di vecchiaia. A differenza della Naspi, i periodi trascorsi percependo l’Ape sociale non sono coperti da contribuzione figurativa. Al termine dell’Ape, il pensionato riceverà una pensione di vecchiaia potenzialmente maggiore. Senza il vincolo dei 1.500 euro, con la possibilità di tredicesime e arricchita da maggiorazioni e integrazioni.

Altre opzioni per attendere la pensione includono sussidi statali destinati a chi è prossimo alla soglia della povertà, come il reddito di cittadinanza o il nuovo Assegno di Inclusione.