L’apicoltura è considerata attività agricola e come tale, se esercitata oltre i limiti di cui all’art. 32 DPR n. 917 del 1986, non può essere svolta in regime forfettario in quanto ne costituisce causa di esclusione ai sensi del comma 57 Legge n. 190 del 2014 e successive modificazioni. E’ questa la conclusione cui è possibile giungere in considerazione della disciplina regolamentativa del regime di favore.

L’attuale quadro normativo, a seguito delle modifiche apportate dalla manovra di bilancio 2020 al comma 54 della menzionata legge 190 del 2014 (requisiti), prevede che può essere forfetario chi nell’anno precedente, contemporaneamente:

  • ha conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro (se si esercitano più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate)
  • sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Anche chi inizia un’attività può accedere al regime forfetario, comunicando nella relativa dichiarazione ai fini Iva di presumere la sussistenza dei requisiti.

In merito alle cause di esclusione dal regime, come previste dal comma 57 Legge 190 del 2014, modificate anch’esse dalla Legge di bilancio 2020, da quest’anno non possono essere forfettari:

  1. le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
  2. i non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
  3. i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  4. l’esercente attività d’impresa, arti o professioni che partecipa contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente.
  5. le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  6. coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (sempre che in quello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da un altro rapporto di lavoro).

Il miele è un prodotto agricolo

Con riferimento alla causa di esclusione di cui al punto a), l’Agenzia delle Entrate, ha anche indicato quali sono le attività incompatibili con il forfait. Tra queste vi rientrano l’agricoltura e attività connesse e pesca (articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633 del 1972). A tal proposito occorre far riferimento alla definizione di produttori agricoli di cui all’art. 2135 c.c. ai sensi del quale è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse, dove per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

L’apicoltura si concretizza nell’allevamento di api finalizzato alla produzione di miele il quale, è considerato come “prodotto agricolo” ai sensi della tabella A parte I di cui al DPR n. 633 del 1972 (è prevista un’aliquota IVA del 10% con percentuale di compensazione dell’8,80% fermo restando la possibilità di optare per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari). Sulla base delle predette considerazioni, dunque, l’attività di apicoltura è da considerarsi come attività soggetta a regime speciale IVA e, come tale, incompatibile con il forfettario. Occorre però considerare i chiarimenti dati dall’Agenzia delle Entrate. A tal proposito, infatti, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che l’esercizio di un’attività esclusa dal regime forfetario, in quanto soggetta a un regime speciale IVA o espressiva, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato con modalità forfetarie, preclude l’applicazione del forfait per tutte le altre attività anche se non soggette a un regime speciale. Tuttavia, i produttori agricoli, che rispettano i limiti previsti all’articolo 32 del TUIR, sono considerati titolari di reddito fondiario e, pertanto, non esercitando l’attività d’impresa, possono applicare il regime forfetario per le altre attività che intendono svolgere. Nel caso in cui il contribuente, avendone facoltà, opti per applicare l’IVA nei modi ordinari, è ammessa, comunque, l’applicazione del regime di favore, a condizione che l’opzione sia stata esercitata nell’anno d’imposta precedente a quello di applicazione del regime forfetario medesimo (Circolare n. 9/E del 2019).