• “Le vedute del Governo sull’economia possono essere riassunte in frasi molto brevi. Se si muove, tassalo. Se continua a muoversi, regolamentalo. E se smette di muoversi, sussidialo“, affermava Ronald Reagan. Capita spesso, in effetti, di avere la sensazione che tutto sia tassato. A partire dalla casa fino ad arrivare all’auto, passando per le piccole spese quotidiane, una parte dell’importo pagato finisce sempre nelle casse dello Stato.

Ma come funziona nel caso delle criptovalute? In grado di rivoluzionare l’economia a livello mondiale, nel giro di pochi anni si sono affermate come uno dei principali strumenti di investimento, particolarmente gradito anche dai piccoli investitori.

Un nuovo modo di far girare i soldi, che dimostra come il progresso tecnologico e i soldi vadano spesso di pari passo.

La stessa cosa non si può dire per il Fisco che fino a qualche tempo fa aveva come punto di riferimento solamente le interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate che classificava le criptovalute come valuta estera. Le criptovalute, però, non possono più essere relegate a un ruolo marginale nell’economia del nostro Paese. Ma come funziona? Ecco i chiarimenti in merito.

Cripto attività, le novità introdotto con la Legge di Bilancio 2023

La normativa vigente stabilisce che dal 1° gennaio 2023 le conversioni cripto – cripto non generano materia imponibile. Ma non solo, è stato stabilito che le plusvalenze vengano attribuite ai Redditi diversi, applicando un’aliquota al 26%. Il tutto considerando l’assenza della tassazione fino a due mila euro annui di plusvalenza. A tal proposito, come stabilito dal comma 140, della legge numero 197 del 29 dicembre 2022, coloro che non hanno indicato nella propria dichiarazione annuale dei redditi le cripto – attività detenute entro il 31 dicembre 2021 e

“che hanno realizzato redditi nel periodo di riferimento possono regolarizzare la propria posizione attraverso la presentazione dell’istanza di cui al medesimo comma e il pagamento di un’imposta sostitutiva, nella misura del 3,5 per cento del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno o al momento del realizzo, nonché di un’ulteriore somma, pari allo 0,5 per cento per ciascun anno del predetto valore, a titolo di sanzioni e interessi, per l’omessa indicazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto – legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227″.

NFT, trattamento fiscale: ultimi chiarimenti

Diverse sono le tipologie di cripto – attività su cui poter investire.

Tra i più diffusi nell’ambito dell’arte digitale si annoverano i “non-fungible token“, meglio conosciuti come NFT. Anche quest’ultimi rientrano nelle modifiche normative introdotte dal governo con la legge di Bilancio 2023 poc’anzi citate. A fornire maggiori chiarimenti in merito la stessa Agenzia delle Entrate con una circolare in consultazione inerente le principali implicazioni fiscali relative alle cripto – attività.

Entrando nei dettagli, facendo riferimento alle plusvalenze realizzate dall’autore del bene che è incorporato dall’Nft, quest’ultime continuano a essere tassate come reddito di lavoro autonomo. Così come previsto dalle le regole ordinarie per i beni materiali. Questo a meno che l’attività non venga esercitata occasionalmente. In quest’ultimo caso si ricade nell’apposita categoria dei redditi diversi.

Gli Nft devono essere inoltre indicati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi ai fini del monitoraggio fiscale per i collezionisti residenti in Italia o che ne siano i beneficiari effettivi nel caso in cui non siano i possessori diretti. Questo perché si tratta di attività suscettibili di produrre redditi imponibili nel nostro Paese.

In caso di dubbi sul trattamento fiscale delle cripto attività, comunque, si invita a consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate. In alternativa, è utile rivolgersi a un esperto del settore per ottenere informazioni dettagliate in merito.