La Naspi per andare in pensione prima? Quando si passano i 60 anni di età si comincia a guardare con maggiore attenzione a tutte le vie possibili per anticipare la pensione. Soprattutto se alle spalle si ha già una lunga carriera lavorativa, si è stanchi e si vuole prendere in considerazione il meritato riposo. Purtroppo, però, il traguardo è ancora lontano.

La pensione di vecchiaia si raggiunge solo al compimento dei 67 anni di età e non è detto che in futuro questa soglia possa cambiare (in peggio).

D’altra parte, le pensioni anticipate, quelle che abbiamo conosciuto da Quota 100 a Quota 103 stanno scomparendo e di soluzioni alternative non ne restano. Salvo particolari eccezioni. Cosa fare allora se si è stanchi e non si vuole più lavorare?

La Naspi come ponte per la pensione

Una delle soluzioni che si possono prendere in considerazione è quella di sfruttare la Naspi (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego). L’indennità contro la disoccupazione involontaria è riconosciuta dall’Inps per un periodo massimo di 24 mesi e concorre, durante il periodo di godimento, alla maturazione dei requisiti contributivi per la pensione.

Per 2 anni, quindi, si è coperti dal punto di vista pensionistico e non c’è bisogno di trovare per forza un altro lavoro se si è stati licenziati dall’azienda o dalla ditta presso cui si lavorava. Il lavoratore può appoggiarsi alla Naspi in qualsiasi momento, se e quando riconosciuta, ma è del tutto evidente che se l’indennità ricade a ridosso della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia è meglio.

La Naspi, lo ricordiamo, è un diritto che sorge in capo ai lavoratori dipendenti del settore privato o del pubblico impiego con contratti a termine. Non è prevista per gli statali che generalmente non incorrono nella perdita involontaria del posto di lavoro.

Il diritto alla Naspi anche in caso di dimissioni

Per avere diritto alla Naspi e sfruttarla come soluzione ponte per andare in pensione è necessario che il lavoratore vada incontro alla perdita involontaria del lavoro a causa di un evento non imputabile a lui.

E’ quindi esclusa la Naspi per dimissioni volontarie. A eccezione di casi particolari in cui si prefigura la “giusta causa”.

E’ il caso in cui il lavoratore non viene pagato dal datore di lavoro per un periodo prolungato o vi sono ritardi tali per cui il rapporto non può proseguire. Ma anche quando lo stesso è messo in condizioni di lasciare il lavoro (mobbing, maltrattamenti) o per violazioni contrattuali.

Così come quando il lavoratore dipendente rassegna le dimissioni dopo l’apertura della liquidazione giudiziale dell’azienda presso cui è occupato. La riforma del codice della crisi d’impresa che ha introdotto una specifica disciplina per tutelare chi perde il posto di lavoro nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale della ditta.

Come spiega l’Inps con la circolare n. 21 del 10 febbraio 2023, il diritto sorge solo a seguito di dimissioni volontarie presentate dopo l’apertura della procedura di liquidazione, non prima. Solo in questo caso, con il subentro del curatore nella fase di liquidazione il rapporto di lavoro è da intendersi “sospeso”.

I contributi figurativi

Durante il periodo di godimento della Naspi, l’Inps accredita i contributi figurativi all’assicurato utili per andare in pensione. Essi valgono sia per la misura che per il diritto alla futura prestazione pensionistica, quindi concorrono all’anzianità contributiva del lavoratore.

La misura è direttamente proporzionale all’indennità economica percepita, mentre il diritto è coperto integralmente. Pertanto una settimana di Naspi dà diritto a una copertura piena ai fini del diritto alla pensione, ma parziale ai fini della misura della stessa.

Riassumendo…

  • Il periodo di godimento della Naspi vale anche ai fini pensionistici pe runa durata massima di 24 mesi.
  • La misura può essere sfruttata per anticipare la pensione di vecchiaia a 67 anni.
  • La Naspi si ottiene solo a seguito di perdita involontaria del lavoro e in particolari situazioni di dimissioni per giusta causa.