La Legge di Stabilità 2016 ha dato poco spazio alla riforma delle pensioni ma ha affrontato la questione dell’opzione donna (uscita dal lavoro a 57-58 anni di età e 35 anni di contributi). Ma che prezzo ha questa formula  per le lavoratrici che optano per la pensione anticipata? A fare i conti per loro è l’Anief che mette in discussione la convenienza dell’opzione donna avvertendo le lavoratrici del peso della decurtazione sull’assegno mensile. Renzi ha promosso l’opzione donna pensando alle lavoratrici che vogliono prendersi cura dei nipoti ma, a ben vedere, fare la nonna potrebbe costare caro.

Opzione donna: quanto si perde con il passaggio al contributivo

Il passaggio al sistema di calcolo interamente contributivo comporta una perdita stimata media del 25-30%. A conti fatti nei 30 anni di aspettativa di vita media, queste donne lavoratrici andranno a perdere in totale più di 140 mila euro. Per le donne che si affacciano oggi al mondo del lavoro lo scenario verosimile è del 40% dell’ultimo stipendio. Lavorare una vita, anche 44 anni, per una pensione che non arriva a mille euro ha un senso? Se lo chiede provocatoriamente Marcello Pacifico (Anief-Cisal) che, considerando la pensione alla stregua di una retribuzione differita, accusa il governo di aver violato il principio della parità retributiva. Facciamo un esempio pratico: una donna che, per almeno 35 anni, ha guadagnato1.400 euro mensili, si ritroverebbe a percepire con l’opzione donna una pensione di meno di mille. E se è vero che l’aspettativa di vita è di circa 30 anni dopo la pensione anticipata, per molte lavoratrici accedere all’opzione donna vorrebbe dire pagare un prezzo di oltre 140 mila euro. E ovviamente, come sopra accennato, per le giovani lavoratrici di oggi le previsioni sono ancora meno rosee: gli assegni pensionistici saranno di poco superiori alle minime. L’Anief ha pronosticato che, non appena l’Inps l’Inps renderà accessibile a tutti il “simulatore” delle posizioni individuali, la sconvenienza dell’opzione donna, così come oggi formulata, sarà evidente.

Pensione donne: lavoratrici italiane penalizzate

E la situazione appare ancora più scoraggiante se si fa un confronto con gli altri Paesi europei. In Germania bastano 27 anni di contributi per andare in pensione mentre in Francia l’età minima per il pensionamento è stata innalzata ma non supera comunque i 62 anni. La conclusione di Marcello Pacifico, presidente ANIEF e segretario confederale CISAL è che “più di qualcuno penserà se varrà la pena realizzare una vita di lavoro e di sacrifici per ritrovarsi una pensione da fame”. Pensione donne: chi non rientra nell’opzione donna a lavoro fino a 70 anni?