Dopo la pubblicazione dell’articolo sulla guida per assumere una badante in regola, anche alla luce della nuova tabella delle retribuzioni per il lavoro domestico 2018, ci hanno scritto molti utenti che non sono stati altrettanto previdenti. In caso di lavoro domestico in nero i problemi molto spesso sorgono al momento di interrompere il rapporto di lavoro.

I numeri dell’Osservatorio sui lavoratori domestici parlano chiaro in relazione ad un rapporto basato sui dati Inps, la spesa annuale degli italiani per colf e badanti ammonta a circa 7 miliardi all’anno (solo per quelli in regola).

E la tendenza è in aumento posto che, sempre secondo i dati Inps, da qui al 2030 l’Italia avrà bisogno del 25% di badanti in più. In Italia circa il 50% delle badanti lavora in nero. Nei casi “migliori” si tratta di zone di grigio perché il contratto c’è ma l’inquadramento è sbagliato.

Eppure molti rapporti di lavoro domestico finiscono in tribunale. Se la colf o la badante licenziata fa vertenza rivolgendosi al patronato possono spuntare conteggi di ferie non usufruite, ore di lavoro non pagate e tredicesime saltate. Così anche i datori di lavoro in buona fede, certi di essere in regola, possono ritrovarsi a pagare sanzioni e simili. Emblematico è il caso di una badante dell’Est Europa che ha chiesto 128 mila euro di risarcimento danni: una cifra che può sembrare assurda ma determinata, come ha spiegato l’avvocato della controparte, dalla signora che era “stata assunta come colf fino al 2013, questo perché dalle 8 alle 17 la madre del mio assistito era al centro malati di Alzheimer di Roma. Dalle 17 in poi invece, era lui stesso a occuparsene. Nel 2013 le cose sono cambiate, lui è andato via di casa e ha stipulato un nuovo contratto con la signora, questa volta inquadrandola come badante. Considerando le nove ore che la persona assistita trascorreva al centro Alzheimer, la badante lavorava due ore al giorno.

Indagando si è scoperto, inoltre, che quando era sola in casa la signora ‘arrotondava’ tagliando i capelli ai suoi connazionali”. Alla fine i giudici “si sono limitati” a far pagare al datore un’ammenda di 5 mila euro perché era stata registrata come badante a persona autosufficiente mentre si trattava di anziana non autosufficiente.

Licenziamento colf e badanti in nero: quando si rischia la vertenza

Sicuramente quindi il primo consiglio per evitare la vertenza da parte di colf e badanti è quello di essere in regola. Può sembrare un appunto banale ma non lo è: molto cause scaturiscono dalla disinformazione; nell’ambito del lavoro domestico infatti chi assume è tenuto a svolgere il ruolo di datore di lavoro pur non avendone in molti casi la competenza. Scrivere quindi un contratto e dichiararlo all’Inps. Il lavoro domestico, per legge, può essere in realtà instaurato anche verbalmente. Tuttavia, soprattutto in fase di contenzioso, la forma scritta permetterà di dimostrare la mansione, le ferie, la malattia etc.
Nel caso di omissioni contributive il datore di lavoro è tenuto al pagamento di una sanzione per ogni lavoratore al tasso del 30% in base annua calcolate sull’importo dei contributi evasi con un massimo del 60% ed un minimo di 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata. Questo significa, in altre parole, che anche per una sola giornata di lavoro “in nero”, il datore di lavoro può essere multato con la sanzione minima applicabile di 3.000 euro.

Per essere in regola con i contributi colf e badanti bisogna non solo pagare quelli per l’effettivo orario lavorativo, ma anche effettuare i versamenti dovuti alla Cassa malattia. Il bollettino da pagare che l’Inps invia al datore di lavoro prevede infatti solo i contributi previdenziali, tuttavia il contratto collettivo nazionale all’articolo 52 fa riferimento anche il pagamento della Cassa malattia attraverso i Maf dei contributi previdenziali.

Quando la lavoratrice va a richiedere dei rimborsi alla Cassa e non trova i versamenti possono insorgere problemi.

Aldilà del contratto è prevista la comunicazione all’Inps dell’assunzione colf e badanti entro la mezzanotte del giorno precedente a quello di inizio del rapporto di lavoro. La stessa ha efficacia anche nei confronti del Ministero del lavoro, dell’INAIL, nonché della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo. Questa comunicazione inoltre sostituisce anche il modello Q (non più in vigore dal 15 novembre 2011) perché contiene anche i dati del permesso di soggiorno obbligatorio.
La mancata comunicazione entro i termini determina l’applicazione di una sanzione amministrativa da € 200,00 a € 500,00 per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.Lgs. 276/03).

Licenziamento colf e badanti: procedura per evitare vertenze

Il consiglio quindi quando la colf e /o badante si dimette o viene licenziata è quello di rivolgersi caf, o all’associazione o al commercialista di vostra fiducia e richiedere l’elaborazione di una busta paga o di un conteggio di lavoro per il calcolo delle spettanze di fine rapporto (ricordate che entro 5 giorni dovete anche comunicare all’Inps la cessazione del rapporto di lavoro). Anche se la collaboratrice domestica ha lavorato in nero, dunque senza contratto e senza iscrizione all’Inps, è consigliabile dare mandato ad un professionista per la redazione del suddetto conteggio lavorativo.