Pensioni anticipate addio. Dal 2025 non se ne sentirà più parlare e il sistema delle Quote diventerà un ricordo del passato. Il governo non lo dice apertamente, ma la strada tracciata dall’ex premier Mario Draghi è quella di un ritorno integrale alle regole Fornero dal prossimo anno. Del resto il sistema pensionistico italiano non è più finanziariamente sostenibile.

A dirlo è anche il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) che ha bacchettato l’Italia sui conti pubblici e sul peso della spesa previdenziale. Per gli esperti del Fondo non ci sono più margini di tolleranza perché la crescita economica resta anemica e il costo del welfare continua a crescere creando una spirale economica pericolosa.

Quota 103 è quindi destinata a chiudere i battenti a fine 2024. Ma anche per Ape Sociale e Opzione Donna si andrà in pensione più tardi.

Pensioni anticipate verso l’addio

Si torna così a parlare di Quota 41 al posto di Quota 103, ma, di fatto, la riforma impossibile da realizzare. Il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, come chiede la Lega, non ha molto senso allo stato attuale. Costerebbe troppo, circa 9 miliardi di euro ogni anno. E, stante il livello di debito pubblico accumulato dallo Stato e le priorità di salvaguardia delle pensioni in pagamento a causa dell’inflazione, non è possibile percorrere questa strada.

Nello specifico, la proposta su cui punta i piedi il sottosegretario al Ministero del Lavoro Claudio Durigon presenta dei punti di discordanza con la linea di governo tracciata dalla Meloni. Il premier ha più volte ribadito che è necessario dare la priorità a chi è in difficoltà e alle categorie svantaggiate. Mentre per Durigon si vuole estendere quanto già previsto per il pensionamento dei lavoratori precoci a tutti.

Ma, sia dal Fmi che da Bruxelles non ne vogliono più sapere del sistema delle quote in Italia. Dopo la scottatura presa con l’introduzione di Quota 100 sotto il governo Conte I, le riforme pensionistiche nel nostro Paese sono entrate nel mirino dell’Europa e dei fondi d’investimento che sostengono il nostro debito pubblico comprando titoli di Stato.

Quindi bisogna fare attenzione ed evitare quanto accaduto nel 2011 con la crisi scatenata dal mondo della finanza contro l’Italia che portò alla caduta del governo Berlusconi e all’arrivo di Monti con tutte le conseguenze lacrime e sangue sul sistema delle pensioni.

La pensione anticipata a 41-42 anni e 10 mesi

Quota 41, quindi, come vorrebbero i sindacati e come propone la Lega rischia di rimanere un mero slogan propagandistico. Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi. Già oggi si può uscire dal lavoro 1-2 anni e 10 mesi più tardi, come previsto dalle regole Fornero. Viceversa, una riforma del genere comporterebbe maggiori spese a carico dello Stato.

Impossibile, inoltre, che Quota 41 possa sostituire una legge già in vigore, cioè quella delle pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). Semmai la novità andrebbe a inserirsi in un contesto di deroghe già abbastanza complesso, una volta terminata Quota 103.

Così l’unica strada che – secondo indiscrezioni – pare percorribile sarebbe quella di concedere la pensione a tutti con 41 anni di contributi, ma col ricalcolo contributivo. Come avviene per Opzione Donna. Solo in questo modo si potrebbe sostenere finanziariamente la riforma.

Posto che Quota 41 non sia fattibile, resta da capire come sarà possibile superare il ritorno pieno delle regole Fornero dal prossimo anno. La tendenza, come si è visto dalla legge di bilancio 2024, è quella di tagliare il più possibile le uscite anticipate lasciando aperte solo le deroghe previste da Ape Sociale, Opzione Donna e precoci.

Riassumendo…

  • Quota 41 come soluzione alternativa a Quota 103 non è realizzabile.
  • Dal prossimo anno, addio a Quota 103 e innalzamento età pensionabile per Ape Sociale e Opzione Donna.
  • Il governo punta al ritorno pieno delle regole Fornero dal 2025.