L’utilizzo delle criptovalute quale ad esempio i bitcoin oramai è molto diffuso. Molti italiani, come milioni di persone nel mondo, dopo un iniziale periodo di incertezza e paura, hanno iniziato a investire nelle famose “monete elettroniche”. Le monete elettroniche, bitcoin in primis, sono percepite, infatti, come il modo più sicuro e più redditizio per tenere al riparo i propri risparmi da future manovre finanziarie. Nessuno, infatti, ha mai dimenticato il prelievo forzoso sui conti correnti promosso nel 1992 dal primo Governo Amato.

Per non parlare dell’illusione di riuscire a non pagare tasse su investimenti e rendimenti.

La connessa ed eventuale attività di trading, nonché il trattamento fiscale delle plusvalenze, non è regolata con una norma fiscale ad hoc. C’è un progetto di legge in merito però è ancora tutto in alto mare.

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate negli ultimi anni è intervenuta in merito diverse volte, chiarendo quali fossero gli obblighi dichiarativi per coloro che detengono monete virtuali. Attenzione, gli obblighi non riguardano soltanto la dichiarazione dell’eventuale plusvalenza da trading ma anche il c.d. monitoraggio fiscale.

Di questo ne abbiamo già parlato nel nostro approfondimento Criptovalute. Gli obblighi dichiarativi per evitare sanzioni. Ora, pare utile tornare sul trattamento fiscale riservato alle criptovalute anche alla luce degli ultimi chiarimenti del Fisco in merito alla Tassazione dei redditi derivanti dall’attività di staking di cripto-valute. A tal fine si veda la risposta n° 437/2022.

Prima però, ripercorriamo i punti principali della tassazione delle criptovalute in Italia nonché dei conseguenti obblighi in dichiarazione dei redditi.

Criptovalute. Il trattamento fiscale

L’Agenzia delle entrate ha affrontato il trattamento fiscale delle criptovalute in poche occasioni.

I principali documenti di prassi con i quali il Fisco si è soffermato sulle criptovalute sono: la risoluzione n°76/e 2016 e n° 788/2021 nonchè l’interpello della DRE Lombardia, N° 956-39/2018.

A ogni modo, ai fini reddituali, per le persone fisiche:

alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

Da qui, le cessioni a pronti (scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente ) di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa. Salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 917/86 (TUIR), e del comma 1-ter dello stesso articolo.

Qui trovi come calcolare la giacenza media.

Al ricorrere delle suddette condizioni, il reddito diverso generato dalla gestione delle criptovalute, ossia le eventuali plusvalenze da trading, devono essere indicate nel quadro RT del modello Redditi. Sono soggette ad un’imposta sostitutiva del 26%. Per quanto riguarda i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali, gli stessi costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR. Con lo stesso trattamento fiscale (imposta sostituiva al 26%).

Gli obblighi di monitoraggio fiscale

Anche le valute virtuali sono soggette a monitoraggio fiscale, attraverso la compilazione del quadro RW. Nel quadro RW andrà indicato in colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”.

Le valute virtuali non sono soggette ad IVAFE.

L’omessa compilazione del quadro RW può essere sanata in ravvedimento.

L’attività di staking. La risposta n° 437 dell’Agenzia delle entrate

Con al risposta n° 437/2022, l’Agenzia delle entrate si è soffermata sulla tassazione dei redditi derivanti dall’attività di staking di cripto-valute.

Per redditi derivanti dall’attività di staking, si intende la remunerazione/compenso in criptovalute corrisposto a una persona fisica a fronte del “vincolo di disponibilità” delle stesse, cioè di un vincolo di non utilizzo per un certo periodo di tempo.

Da qui, si applicano le regole di tassazione di cui all’articolo 44, comma 1, lettera h), del Tuir:

costituiscono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.

Dunque, se le suddette remunerazioni sono accreditate nel wallet (portafoglio) del contribuente, persona fisica,  che agisce al di fuori dell’attività di impresa, da una Società italiana, quest’ultima è tenuta all’applicazione della ritenuta nella misura del 26%( articolo 26, comma 5, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).

In particolare, se il soggetto che riceve la remunerazione è residente in Italia, tali remunerazioni:

  • dovranno essere assoggettate a ritenuta a titolo d’acconto del 26% da parte della Società e
  • indicate dal contribuente nella Sezione I-A “Redditi di capitale” del Quadro RL del Modello Redditi.

Tuttavia, non ci saranno obblighi di monitoraggio fiscale ossia di compilazione del quadro RW se il contribuente detiene il wallet presso una Società italiana.