La quarantena non sempre è indennizzabile come malattia. O meglio, affinché l’Inps paghi il lavoratore malato e sottoposto a quarantena occorre rispettare alcune regole.

A fare chiarezza sulla confusa normativa in merito è l’Inps con la circolare 2548 del 24 giugno 2020. In sostanza, il certificato rilasciato dal medico curante di per sé non è sufficiente al riconoscimento dello stato di quarantena. E’ necessario anche un provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza (generalmente l’ASL) che attesti la necessità del regime di sorveglianza.

Quarantena e malattia

Il medico curante dovrà indicare nel certificato di malattia, oltre alla diagnosi e alla prognosi, anche gli estremi del provvedimento sanitario di cui sopra per il regime di quarantena a cui è sottoposto il lavoratore con le date di inizio e fine periodo di sorveglianza stabilite dalla ASL territoriale.

Qualora tale provvedimento non fosse disponibile al momento del rilascio del certificato medico, potrà essere inviato all’Inps, sempre a cura del medico curante in un momento successivo ma comunque entro il periodo di quarantena. La legge – come specifica la circolare inps – prevede che il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, per il contrasto alla diffusione del coronavirus, sia equiparato a malattia ai fini del trattamento economico. Tali periodi sono altresì esclusi dal calcolo per il raggiungimento del limite massimo previsto per il comporto nell’ambito del rapporto di lavoro.

Il pagamento dell’indennità di malattia

Questa regola vale per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato con esclusione dei lavoratori iscritti alla gestione separata Inps. A lavoratori sottoposti alla quarantena viene riconosciuta la normale indennità di malattia calcolata in base alla retribuzione aziendale, come da contratto di lavoro. L’Inps provvederà all’accredito della relativa contribuzione figurativa per il periodo di assenza dal lavoro. Per quanto riguarda la misura, il lavoratore percepirà l’indennità prevista per l’assenza per malattia e cioè il 50% della retribuzione a cominciare dal 4° giorno e per i primi 20 giorni, e nella misura dei 2/3 dal 21° giorno in poi, oltre l’integrazione da parte del datore di lavoro.

Lavoratori con patologie gravi

La circolare Inps chiarisce anche che per i lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992) o in possesso del riconoscimento di disabilità (art. 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992), l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera. In caso di disabilità di cui all’articolo 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992, la tutela in argomento è prevista esclusivamente in presenza di immunodepressione, esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. In assenza del verbale di riconoscimento della disabilità, la condizione di rischio può essere attestata dagli organi medico legali presso le Autorità sanitarie locali territorialmente competenti. Per entrambe le ipotesi, il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera.

Malattia senza quarantena

In assenza di provvedimento di sorveglianza sanitaria, il medico curante potrà rilasciare un certificato di malattia comune, anche se il lavoratore è affetto da Covid-19 e non è sottoposto a quarantena. In questo caso, l’indennità economica non cambia, ma il periodo di assenza dal lavoro rientra nel periodo di comporto stabilito dal contratto collettivo, vale a dire quel periodo annuale di assenza entro il quale un lavoratore non può essere licenziato. In questo caso, assimilabile alla malattia comune, sono tutelati anche i lavoratori appartenenti alla gestione separata Inps.