Per il lavoro autonomo senza la partita IVA, ecco quali possono essere tutte le alternative. E questo perché, quando l’attività che è svolta è marginale, l’apertura della partita IVA non solo non è conveniente. Ma si può pure evitare rimanendo nella legalità.

Nel dettaglio, il lavoro autonomo senza la partita IVA per eccellenza è quello di tipo occasionale. Ovverosia, quello reso senza vincoli di subordinazione, e nel rispetto di un limite reddituale annuo complessivo. Che è pari a 5.000 euro.

Il lavoro autonomo senza la partita IVA: tutte le alternative

In altre parole, lavorare senza la partita IVA fino ad un massimo di 5.000 euro è possibile.

Ma a patto che l’attività svolta rispetti opportuni requisiti. Dalla mancanza di coordinamento alla mancanza di continuità della prestazione. Così come è riportato in questo articolo.

Il lavoro autonomo senza la partita IVA fino a 5.000 euro annui, inoltre, è esente da IVA. Ed anche da contribuzione Inps e Inail. Mentre per quel che riguarda le imposte il lavoro autonomo occasionale senza la partita IVA è soggetto ad una tassazione del 20%. A titolo di ritenuta fiscale d’acconto.

Per le prestazioni occasionali sopra i 5.000 euro annui, cosa succede?

Sopra i 5.000 euro annui, invece, per il lavoro autonomo occasionale senza la partita IVA cosa succede? In tal caso, proprio per la quota di reddito annuo che è maggiore di 5.000 euro, scatta l’obbligo della contribuzione previdenziale. Con il conseguente obbligo di iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS.

Il lavoro autonomo occasionale senza la partita IVA, quindi, è tale quando è sempre di natura eccezionale ed episodica. Nonché non ricorrente e non abituale verso i committenti. Altrimenti, in caso di controlli, la prestazione occasionale senza la partita IVA da aprire potrebbe essere vista come un’attività con la presenza di vincoli di subordinazione. Di fatto.