Sempre più donne scelgono di lavorare all’estero, per un periodo della vita oppure a volte in un’ottica di trasferimento a lungo termine o addirittura per sempre. In alcuni casi significa rimandare il sogno di una famiglia o accantonarlo per la carriera, in altri invece le donne che lavorano fuori decidono di crescere i figli in un Paese straniero. Qual è la scelta giusta? Difficile dirlo: bisognerebbe mettersi nei panni delle donne che cercano lavoro all’estero. Noi lo abbiamo fatto mettendo a confronto quattro esperienze in Paesi diversi fatte da donne altrettanto differenti: Martina a Parigi, Gaia in Australia, Claudia in Lussemburgo e Laura in Germania.

Quattro amiche che hanno in comune la scelta di lasciare l’Italia per andare a lavorare all’estero. Lo scopo di questa intervista a quattro facce non è dare risposte assolute: quella che è la scelta giusta per una persona non lo è necessariamente per un’altra e non esiste un Paese perfetto per tutti. Il nostro obiettivo è raccontare storie che possano essere utili a chi è insoddisfatta della vita o del lavoro in Italia e non sa se compiere il grande passo di trasferirsi all’estero. A quale di questi profili vi sentite più vicine? E se siete donne all’estero per lavoro, come avreste risposto alle domande che abbiamo posto alle nostre volontarie? Aiutateci con i commenti ad approfondire il dibattito.

Lavoro a Parigi: la storia di Martina

Martina fa la pasticcera a Parigi ma, dopo la vocazione vegana, sta valutando di spostarsi nel Sud della Francia e aprire un B&b. E’ sposata con un ragazzo francese e a breve avranno una bambina.
D. Perché hai scelto di lavorare a Parigi?
R. Durante l’erasmus in Francia ho scoperto la mia passione per la pasticceria e a Parigi le scuole di formazione per apprendisti prevedono un periodo di apprendistato retribuito che permette di consiliare stipendio e specializzazione che purtroppo da noi non ha un corrispondente competitivo.

D. In cosa questo Paese è meglio dell’Italia secondo te?R. Per quanto riguarda il mio settore professionale la retribuzione è più alta, già nella fase formativa.

D. Cosa ti manca di più dell’Italia?R. La famiglia e gli amici. Venendo da una città di mare anche la vita in spiaggia che ha una qualità impagabile. E anche la cucina.

D. Come sono considerate le donne sul posto di lavoro?

R. Nel mondo della ristorazione anche in Francia per una donna non è facile conciliare vita e lavoro perché i turni sono stancanti ma, aldilà di questo, non ho mai percepito discriminazioni di genere né da colleghi né da datori di lavoro.
D. Faresti crescere tuo figlio in Francia?
R. Decisamente si… sotto il profilo del sistema scolastico e sanitario reputo che la Francia non abbia nulla da invidiare all’Italia, anzi è vero il contrario casomai.
D. Torneresti a lavorare in Italia e se si a quali condizioni?
R. La tentazione a volte c’è, soprattutto per motivi di famiglia e nostalgia. Ma purtroppo burocrazia e corruzione rendono impossibile anche solo pensare di poter investire nel nostro Paese.

Lavoro in Australia: la storia di Gaia

Gaia è un’estetista. Da cinque anni vive in Australia dove si è anche sposata, con un italiano. Hanno una figlia, nata in Italia, che però crescerà vicino Brisbane.
D. Perché hai scelto di trasferirti in Australia?
R. Doveva essere una vacanza, poi qui mi sono innamorata, del Paese e di un mio connazionale anche lui in viaggio. E abbiamo deciso di restare insieme anche per una sfida verso chi ci diceva che era impossibile.
D. In cosa questo Paese è meglio dell’Italia secondo te?
R.

La burocrazia snella, la considerazione del cittadino ma anche il senso di civiltà quindi in parte è merito del governo in parte, credo, degli abitanti (anche se chiaramente la scarsa densità abitativa rende tutto più gestibile).

D. Cosa ti manca di più dell’Italia?
R. La cultura soprattutto perché la mentalità può essere uno scoglio nell’integrazione e gli affetti ovviamente.
D. Come sono considerate le donne sul posto di lavoro?
R. C’è assoluta parità ma da un lato il benessere economico che spinge a fare molti figli rischia di diventare controproducente perché le donne, dopo aver partorito due o tre volte, spesso alla fine lasciano il lavoro.
D. Faresti crescere tuo figlio in Australia?
R. Razionalmente si perché mi rendo conto dei servizi però mi dispiacerebbe che crescesse lontano dagli affetti della famiglia che considero molto importanti.
D. Torneresti a lavorare in Italia e se si a quali condizioni?

R. L’idea è quella di tornare ma quando arriva il momento di pensarci concretamente sono sempre più i motivi per restare qui quindi non so se torneremo mai sinceramente.

Lavoro in Lussemburgo: la storia di Claudia

Claudia ha appena preso l’abilitazione di avvocato in Italia e si è trasferita in Lussemburgo per migliorare il suo inglese e francese e specializzarsi tramite un lavoro nel settore delle scienze politiche.
D. Perché hai scelto di lavorare in Lussemburgo?
R. Perché qui ho fatto l’Erasmus durante il periodo universitario ed è stata un’esperienza positiva sotto molti punti di vista.
D. In cosa questo Paese è meglio dell’Italia secondo te?
R. Dinamismo economico e situazione occupazionale. Qui non ci si deve “inventare”: per i giovani è possibile trovare occupazione nel settore di competenza in base al proprio profilo e alla propria formazione. Ma anche il senso civico generale, un’attenzione alla regole della comunità che da noi manca.
D. Cosa ti manca di più dell’Italia?
R. Il genio italiano, l’arte, l’inventiva.
D.

Come sono considerate le donne sul posto di lavoro?
R. Sicuramente con più equità rispetto all’Italia. Ci sono tantissime misure di sostegno per l’inserimento delle donne nel lavoro e anche a favore dell’avanzamento di carriera.
D. Faresti crescere tuo figlio in Lussemburgo?
R. Si ma solo per un periodo di tempo limitato.
D. Torneresti a lavorare in Italia e se si a quali condizioni?
R. Si, se trovassi un lavoro in ambito legale con stipendio e inquadramento contrattuale adeguato.

Lavoro in Germania: la storia di Laura

Laura è una psicologa e da quattro anni vive a Stoccarda dove, dopo un corso di tedesco e una prima fase di inserimento negli asili nido, ora lavora in un centro di assistenza e può mettere in pratica anni di studio che, in Italia, erano rimasti nel cassetto.
D. In cosa questo Paese è meglio dell’Italia secondo te?
R. Sicuramente la burocrazia e la meritocrazia. Ma anche il senso di civiltà delle persone che da noi si è perso, cosa che si nota anche nelle piccole cose.
D. Cosa ti manca di più dell’Italia?
D. La cultura e l’elasticità. E il sole, inteso in senso meteorologico ma anche come leggerezza nel prendere la vita a volte, con il sorriso.
D. Come sono considerate le donne sul posto di lavoro?
R. A livello normativo non ci sono affatto discriminazioni anzi. Il sistema welfare per le donne e le mamme è di altissimo livello. Quello che ho riscontrato invece è un sentimento di invidia e gelosia da parte delle colleghe tedesche, cosa che mi è stata testimoniata anche da altre connazionali. Questo rende più difficile l’integrazione.
D. Faresti crescere tuo figlio in Germania?
R. Razionalmente direi di si, per dargli maggiori possibilità e benessere ma essendo cresciuta in un posto di mare so quanto altri fattori siano determinanti per il benessere, soprattutto nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza quindi ammetto che sarei combattuta.
D. Torneresti a lavorare in Italia e se si a quali condizioni?
R. Vorrei tornare e devo ammettere che ho anche provato a inviare dei curriculum e fare dei colloqui. Ma le condizioni offerte non sono neanche lontanamente paragonabili e questo è scoraggiante. A questo punto credo che tornerei solo se fossi in grado di avviare una mia attività ma anche in quel caso non so se la pressione fiscale e la burocrazia sarebbero di ostacolo alla fine. Fatto sta che intanto il tempo passa e ora sono quasi 5 anni che vivo qui.