Le differenze tra lavoro dipendente e a partita IVA, che si tratti di freelance o liberi professionisti, emerge anche ora, in questo periodo di emergenza Coronavirus. Alcuni dipendenti hanno scoperto il telelavoro e lo smart working, per scelta o per decisione aziendale. Molti dei lavoratori a partita IVA lo facevano anche prima dell’allerta Coronavirus. Per questi secondi, però, non sono ad oggi previste agevolazioni fiscali o congedi e il timore è per l’immediato futuro: quando questa emergenza, speriamo prima possibile, sarà superata, si conteranno inevitabilmente anche le ripercussioni economiche.

Non è la priorità di fronte all’emergenza sanitaria? Non proprio: si può obiettare che non il governo non può basare le decisioni in ambito sanitario su considerazioni economiche ma resta innegabile che a breve dovremo farci i conti quindi meglio averne consapevolezza (visto che, come ha dimostrato anche questa situazione, panico e decisioni last minute non producono effetti positivi).

Quante tasse pagano i lavoratori a partita IVA: l’emergenza è precedente al Coronavirus?

E’ ancora abbastanza radicato il luogo comune secondo cui i dipendenti, con le trattenute alla fonte, pagano più tasse rispetto ai liberi professionisti e ai freelance. I numeri raccontano una realtà diversa. Vero è che, probabilmente, per chi lavora a partita IVA ” più facile” evadere le tasse. Tuttavia i dati di Federcontribuenti ci dicono anche che in appena tre anni il numero di partite IVA aperte è passato da oltre 8,5 milioni a poco più di 5 milioni, facendo registrare un calo di circa il 40%. E tra i fattori che determinano questo trend gioca un ruolo pesante proprio la pressione fiscale. Il 98% degli autonomi «ha in corso rateizzazioni per debiti o mancati pagamenti» che vanno ad accumularsi alle diverse scadenze fiscali. Alle tasse (che includono acconti dell’anno fiscale seguente e saldi dell’anno fiscale in corso), si aggiungono i contributi previdenziali (sempre divisi in saldi e acconti) e altri pagamenti vari.

In questo contesto già di per sé non roseo si inserisce appunto l’emergenza coronavirus. Il Segretario della UGL di Bari Antonio Caprio, alla luce della “crisi economica che sta provocando il COVID-19 interessa principalmente le piccole partite iva, come commercianti operanti su aree pubbliche, bar, ristoranti e tutte quelle attività che hanno alle loro dipendenze fino a un massimo di 5 lavoratori” ha chiesto un intervento da parte del Governo «prima che il peggio accada, con ammortizzatori sociali in deroga», per dimostrare il Governo non si sta interessando soltanto alla sorte delle grandi aziende.

La bozza del decreto ha stanziato fino a 1.500 euro di indennità per collaboratori, autonomi e professionisti con attività nelle «zone rosse» di Lombardia e Veneto: sarà corrisposta sotto forma di indennità mensile esentasse «pari a 500 euro per un massimo di tre mesi e parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività», fino ad una spesa massima di 5,8 milioni nel 2020. Inoltre è stata confermata la sospensione per due mesi delle bollette di acqua, luce, gas, rifiuti e delle rate dei mutui agevolati che Invitalia ha concesso alle aziende che si trovano nella zona colpita, riconoscendo  più tempo per rientrare nei piani di ammortamento. Ma che cosa succederà fuori dalla zona rossa?

 ACTA, l’associazione dei freelance, ha lanciato un sondaggio che riporta uno scenario poco rassicurante.

Dei 410 intervistati, il 47% ha ricevuto la cancellazione di almeno una commessa nella settimana appena trascorsa e/o nelle prossime settimane, mentre il 57% ha ricevuto la richiesta di sospensione o  rinvio a data da stabilirsi  di almeno un incarico.

Il trend non riguarda solamente i freelance residenti nelle zone gialle e rosse.

Il 77% prevede una contrazione del fatturato. Le donne appaiono  essere più penalizzate degli uomini, in parte perché le professioni che più ne risentono sono a prevalenza femminile, in parte perché la chiusura di scuole e asili sta impattando la loro disponibilità.

Alla luce dei risultati del sondaggio l’associazione ha chiesto:

«la sospensione o il differimento dei versamenti fiscali e contributivi e una successiva rateizzazione a lunga durata senza sanzioni e interessi, come già avviene nel caso di malattia grave per gli iscritti alla Gestione Separata INPS. Le prossime scadenze fiscali e contributive sono motivo di grande preoccupazione, poiché si sta facendo fronte al mancato reddito attingendo a quanto messo da parte nel corso dei mesi scorsi per i versamenti di legge (…) Un’attenzione particolare dovrebbe essere dedicata ai freelance che nei prossimi mesi affronteranno situazioni di gravidanza e malattia, il cui calcolo di indennità verrebbe calcolato prendendo a riferimento un periodo di lavoro ridotto a causa delle misure di blocco dovute al coronavirus. Per queste situazioni si potrebbe calcolare l’indennità anticipando di 12 mesi il periodo di riferimento».