Gli addetti ai lavori socialmente utili sono nettamente diminuiti dai 170mila di fine anni ’90 ai 15mila dello scorso anno. Questa tipologia di lavoro, introdotta dalla legge 390/1981 prevede l’utilizzo dei lavoratori in Cassa Integrazione in servizi di pubblica utilità inizialmente solo nel Mezzogiorno, ed in seguito estesa su tutto il territorio nazionale.   In caso di rifiuto, da parte del lavoratore, allo svolgimento dei lavori socialmente utili, è prevista la decadenza dell’indennità di sostegno al reddito, in caso di accettazione, invece l’indennità corrisposta era elevata dall’80 al 90%.

  Attualmente si possono distinguere due categorie di lavoratori socialmente utili:

  • transitoristi (chi ha maturato 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili nel biennio 1998-1999 e che continuano le attività con oneri a carico del Fondo sociale occupazione e formazione
  • autofinanziati che continuano le attività con oneri a totale carico delle Regioni o enti utilizzatori. In questo ambito rientrano i soggetti che non avevano maturato almeno 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili, nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999 e che, pertanto, hanno potuto continuare le attività con oneri a carico dell’Ente stesso.

 

Importo lavori socialmente utili

Ad entrambe le tipologie di lavoratori socialmente utili spetta il riconoscimento mensile per attività socialmente utile “ASU” che ammonta a 580,14 euro mensili a cui si somma l’eventuale assegno per il nucleo familiare per i familiari a carico. L’impegno settimanale dei lavoratori deve essere di 20 con non più di 8 ore giornaliere. Per i periodi in cui è erogato l’ASU viene riconosciuto, ai fini previdenziali, l’accredito della contribuzione figurativa utile soltanto al raggiungimento del requisito assicurativo per la pensione.