Il decreto di riforma fiscale, in ambito di fiscalità internazionale, D.Lgs 209/2023,  ha rivoluzionato il regime di favore previsto per i lavoratori che decidono di trasferire la propria residenza fiscale in Italia. Siamo passati da un regime impatriati caratterizzato dalla massima attrattività a un regime che poco favorirà il trasferimento in Italia.

E’ cambiata la detassazione, ora ferma al 50% (prima si arrivava fino al 90%), così come, sopratutto, sono cambiati i requisiti per accedere al regime agevolato.

Dunque, non solo c’è meno convenienza a trasferirsi in Italia, ma ora le condizioni per sfruttare la detassazione si fanno molto più articolate.

Tra i vari paletti imposti dalla riforma fiscale, riappare quello dell’elevata qualificazione o specializzazione del lavoratore. Si tratta di un requisito già presente nella vecchia norma sugli impatriati, ma poi eliminato proprio per favorire chi voleva venire a lavorare in Italia.

Il nuovo regime fiscale per i lavoratori impatriati

L’art. 5 del nuovo D.Lgs 209/2023 elenca tutti i requisiti previsti per il nuovo regime fiscale riservato ai lavoratori impatriati.

Nello specifico:

i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, entro il limite annuo di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare.

A tal fine, è necessario che:

  • i lavoratori si impegnano a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo pari almeno a 4 anni;
  • l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;
  • non siano stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento (periodo di precedente permanenza all’estero).

Se il lavoratore presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento, oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero è di:

  • sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.

Chi ha trasferito la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre, ha diritto al vecchio regime fiscale agevolato, ex art.16 del D.Lgs 147/2015.

Difatti, per questi soggetti è ancora possibile il regime impatraiti 5+5.

Lavoratori impatriati. La verifica del requisito di elevata qualificazione o specializzazione

Oltre ai suddetti requisiti, il decreto in parola, ne introduce un altro che taglia e di molto la lista dei potenziali beneficiari del regime impatriati.

Infatti, con la nuova norma si fa riferimento all’elevata qualificazione o specializzazione del lavoratore: 

i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. 

Cosa si intende per elevata elevata qualificazione o specializzazione?

Ebbene, qui ci viene in aiuto la circolare, Agenzia delle entrate, n° 17/e 2017.

Il tale documento di prassi, anche sulla base dei due decreti espressamente citati dal nuova norma, si afferma che tale requisito è soddisfatto nelle ipotesi di:

  • conseguimento di un titolo di istruzione “superiore” rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal paese di
    provenienza e riconosciuta in Italia;
  • possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.

In tal modo è rispettato il requisito di elevata qualificazione o specializzazione. 

Riassumendo…

  • La riforma fiscale ha cambiato il regime fiscale riservato ai lavoratori impatriati;
  • il regime diventa meno conveniente ma soprattutto i requisiti richiesti diventano molto più stringenti;
  • il legislatore fa riferimento nuovamente al requisito di elevata qualificazione o specializzazione del lavoratore.