In redazione di Investire Oggi è arrivato un interessante quesito sul regime fiscale previsto per i lavoratori impatriati.

“Buongiorno, nel 2021 mi sono trasferito in Italia continuando a svolgere la mia attività per un datore di lavoro straniero che opera nel settore del betting on line. A partire dallo stesso, con l’acquisizione della residenza fiscale in Italia, sto beneficiando del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati. Detto ciò, ho sentito che la riforma fiscale cambia del tutto il regime in parola.

A tal proposito, vorrei sapere se una volta entrata in vigore la riforma, verrà meno anche la possibilità di proroga del regime agevolato anche per chi ne sta già beneficiando.”

Prima di rispondere al quesito del nostro lettore vediamo quali sono le attuali condizioni per accedere al regime fiscale previsto in favore dei lavoratori impatriati e cosa invece cambia con la riforma fiscale.

Il regime fiscale per i lavoratori impatriati

Il regime fiscale riservato ai lavoratori che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia è regolato dall’art.16 del D.lgs 147/2015. Si tratta di un regime molto conveniente che permette al contribuente di pagare le imposte solo:

  • sul 30% del reddito prodotto in Italia;
  • sul 10% laddove la residenza anagrafica sia spostata in una delle regioni del Sud Italia.

Nei fatti, è previsto un abbattimento quasi totale sul debito prodotto.

Detto ciò, a oggi per accedere al regime in parola occorre che:

  • il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni;
  • l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

Nel rispetto di tali condizioni, a partire dal periodo d’imposta in cui la residenza anagrafica viene trasferita in Italia e nei successivi 4, il reddito è tassato con il regime fiscale agevolato.

Lavoratori impatriati. Cosa cambia con la riforma fiscale?

Di recente il Governo Meloni ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo sulla fiscalità internazionale in attuazione della c.

d. riforma fiscale.

Il decreto rivede il regime fiscale in parola, rendendolo meno conveniente.

La detassazione: riguarderà solo il 50% del reddito prodotto e l’abbattimento opererà su un ammontare di reddito non superiore a 600.000 euro.

Ma a cambiare sono anche i requisiti di accesso all’agevolazione fiscale.

Infatti per sfruttare la fiscalità agevolata:

  • i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e devono impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno cinque anni;
  • l’attività lavorativa deve essere svolta nel territorio dello Stato in virtù di un nuovo rapporto di lavoro che si va ad instaurare con un soggetto diverso dal datore di lavoro presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento e che non faccia parte, comunque, del suo stesso gruppo;
  • l’attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio italiano;
  • i lavoratori devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.

Dunque si tratta di un nuovo regime fiscale che del precedente conserva ben poco.

Nei fatti, per risparmiare con il regime impatriati servirà anche un datore di lavoro diverso rispetto a quello rilevato in pendenza di rapporto di lavoro all’estero.

Il nuovo concetto di residenza fiscale

Cambia anche il concetto di residenza fiscale.

Infatti, come riportato  nel dossier del D.Lgs in parola, il criterio civilistico del domicilio viene sostituito con un criterio di natura sostanziale preso dalla prassi internazionale e dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni in cui il domicilio è il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari del contribuente e aggiungendo quello della presenza fisica nel territorio dello Stato.

Resta altresì fermo il criterio civilistico della residenza di cui all’articolo 43 del c.c.

Impatriati 5+5. E’ ancora possibile?

Fatta tale doverosa ricostruzione veniamo al quesito sopra esposto.

La possibilità di prorogare il regime agevolato in parola, è previsto dall’art.5 del DL 34/2019 che ha modificato il suddetto art.16.

In particolare, il regime fiscale agevolato si applica per altri cinque periodi d’imposta ai lavoratori:

  • con almeno un figlio minorenne a carico;
  • che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti.

In pendenza di proroga,  i redditi agevolati concorrono alla formazione dell’imponibile per il 50% del loro ammontare. Ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

Detto ciò, la proroga del regime impatriati riguarda in primis coloro i quali a decorrere dal 30 aprile 2019 (dunque anche dopo il 2019) trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia.

Il lettore di cui al quesito sembra rientrare proprio in tale casistica. Da qui, noi di Investire Oggi riteniamo che la riforma fiscale, salvo successivi interventi,  non andrà ad intaccare la possibilità di proroga per chi è già nel regime agevolato. Per cui, al termine dei primi cinque anni di agevolazione, al ricorrere delle suddette condizioni, il lettore potrà proseguire con la tassazione agevolata per ulteriori 5 anni.

Riassumendo…

  • Il regime fiscale previsto per gli impatriati consente di pagare le imposte solo sulla metà del reddito prodotto in Italia;
  • al ricorrere di alcune condizioni è possibile prorogare il regime di ulteriori 5 anni;
  • la riforma fiscale non dovrebbe intaccare tale chance di proroga per chi è in pendenza di regime agevolato.