Nulla vieta a un lavoratore dipendente di avere anche partita IVA. E nulla gli vieta di averla in regime forfettario. L’unica cosa cui essere attento è il reddito che deriva dall’attività di dipendente. Se questo reddito, infatti, supera una certa soglia si è costretti ad uscire dal forfettario. Esiste, tuttavia, una chance per salvare il regime.

In primis ricordiamo che per avere partita IVA in regime forfettario è necessario rispettare alcuni requisiti e non ricadere nelle c.d. cause di esclusione.

Il primo requisito è quello di avere ricavi/compensi non superiori a 85.000 euro. Inoltre è necessario NON aver sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati.

Chi non può stare nel regime

Il comma 57 della legge di bilancio 2015 (e successive modificazioni) dice, inoltre, che non possono essere nel forfettario:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
  • i non residenti in Italia, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo. Purché è assicurato un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato;
  • i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari. Ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente;
  • le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta. Ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro. E’ fatta eccezione per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro. Fa eccezione il caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (sempre che in quello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da un altro rapporto di lavoro).

Come il lavoratore dipendente può salvare il forfettario

Dunque, chi è lavoratore dipendente può avere partita IVA in regime forfettario.

Ciò a condizione che il reddito dal lavoro dipendente dell’anno prima non sia superiore a 30.000 euro. Stesso requisito anche per essere forfettario in pensione.

Quindi, può avere partita IVA 2024 nel regime il lavoratore dipendente che per il 2023 ha avuto un reddito da lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro. La norma dice anche che

  • tale requisito non deve essere verificato nel caso in cui nell’anno 2023 il rapporto di lavoro sia cessato e non sia stato intrapreso altro rapporto di lavoro dipendente o non sia stato percepito reddito di pensione).

Ne consegue che se, ad esempio, il lavoratore dipendente vuole avere nel 2024 partita IVA nel forfettario, ed è consapevole che a fine anno 2023 il suo reddito da lavoro sarà superiore a 30.000 euro, questi prima che finisca l’anno può dare le dimissioni. Così da far cessare il rapporto. In tal caso, infatti, il requisito dei 30.000 euro non dovrà essere verificato.

Riassumendo…

  • il lavoratore dipendente può avere partita IVA nel forfettario purché il reddito da lavoro dipendente dell’anno prima non superi 30.000 euro
  • il requisito suddetto non è da verificare se il rapporto di lavoro dipendente è cessato e
    • non si è intrapreso altro rapporto di lavoro
    • ovvero non sia stato percepito reddito di pensione.