Il lavoro senza partita IVA è possibile. Ciò grazie alle c.d. “prestazioni occasionali”, ossia una particolare forma di contratto senza alcun vincolo di subordinazione ma che richiede, in ogni caso, il rispetto di vincoli reddituali.

Vediamo i tratti principali di questa collaborazione tra prestatore (lavoratore) e committente (chi commissiona il lavoro).

Cos’è la prestazione occasionale

Si pensi ad un dipendente di una società di informatica al quale, un’impresa terza, chiede una consulenze privata a pagamento. Il lavoratore, per tale consulenza extra lavorativa (che forma oggetto di lavoro autonomo) è obbligato ad avere partita IVA?

La soluzione potrebbe essere quella di una lavoro senza partita IVA ma con “prestazione occasionale”.

La prestazione occasionale può essere definita come un lavoro “saltuario o di ridotta entità”. Questa forma di lavoro senza partita IVA, si caratterizza per un limite economico (compenso) ben preciso riferito all’intero anno.

Lavoro senza partita IVA: i limiti di compenso annuo

In dettaglio, si può parlare di prestazione occasionale solo laddove, nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno, il compenso percepito dal prestatore non superi il valore complessivo di 5.000 euro netti. Tale valore è da intendersi riferito a tutti i contratti di prestazione occasionale attivati nell’anno nel loro complesso (quindi, se ad esempio il lavoro commissionato deriva da più committenti, la somma dei compensi provenienti da tutti i contratti non deve superare i 5.000 euro netti in quell’anno).

Quindi, parallelamente, ciascun lavoratore può sottoscrivere in un anno uno o più contratti di prestazione occasionale per un valore complessivo di massimo 5.000 euro netti.

Il limite economico scende a 2.500 euro annui per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore di uno stesso committente. Se poi trattasi di pensionati, studenti fino ai 25 anni, disoccupati e percettori di prestazioni di sostegno al reddito, l’importo massimo può arrivare fino a 6.666 euro, invece di 5.000 euro previsti.

Divieti alla prestazione occasionale

Esistono, comunque, limiti e divieti al lavoro senza partita IVA con prestazione occasionale. In particolare:

  • il committente non può acquisire prestazioni di lavoro occasionali da soggetti con i quali abbia in corso o abbia cessato da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa
  • le imprese agricole possono utilizzare questi contratti di prestazione occasionale solo se si tratta di studenti under25, pensionati, disoccupati e percettori di prestazioni di sostegno al reddito non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli (condizione da autocertificare, da parte del prestatore, al momento della registrazione alla piattaforma informatica)
  • non possono essere utilizzati contratti di prestazione occasionale dalle imprese dell’edilizia e di settori affini, delle imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, delle imprese del settore delle miniere, cave e torbiere
  • infine è vietato il ricorso alle prestazioni occasionale nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi.

La ricevuta fiscale nel lavoro senza partita IVA

Chi esegue lavoro senza partita IVA ma con prestazione occasionale, a fronte del pagamento ricevuto deve rilasciare al committente una ricevuta fiscale (non fattura), in cui indicare:

  • i propri dati anagrafici (nome, cognome, indirizzo, codice fiscale)
  • una descrizione (se possibile) della prestazione
  • data e luogo
  • importo lordo del compenso
  • ritenuta d’acconto
  • compenso netto
  • dicitura “Prestazione fuori campo IVA ai sensi dell’art. 5 DPR 633/1972
  • data e luogo
  • firma.

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