Una cosa di cui viene accusato il reddito di cittadinanza è che rappresenta un autentico disincentivo a trovare lavoro. Addirittura il reddito di cittadinanza viene accusato di essere la causa della difficoltà a trovare manodopera di diverse aziende di diversi settori lavorativi. Eppure non esiste conflittualità tra sussidio e lavoro. In pratica si può prendere il sussidio anche continuando a lavorare. Ma qualcosa al beneficiario del reddito di cittadinanza accade nel momento in cui trova lavoro. Qualcosa che come vedremo non è propriamente positiva e che di fatto spinge il beneficiario ad evitare di accettare proposte di lavoro, magari a termine.

 

“Buongiorno alla redazione. Ho appena ricevuto una proposta di lavoro a tre mesi come addetto alla mensa. Sono un singolo di 38 anni che prende 500 euro di reddito di cittadinanza al mese. Vi chiedo cortesemente di spiegarmi a cosa sono esposto nel momento che accetto la proposta di lavoro a termine. Chi vuole assumermi mi ha detto che mi offre uno stipendio da 900 euro per tutti e tre i mesi. E mi ha detto che posso tranquillamente aggiungere i 500 euro del reddito di cittadinanza al mio stipendio, arrivando a 1.400 euro. Non poco direi, anche se non mi fido. Mi ha detto che posso prendere sia il sussidio che lo stipendio. È vero quello che mi ha detto? Non è che rischio di perdere il sussidio e di rimanere a mano vuote dopo il termine del lavoro?” 

Reddito di cittadinanza cumulabile fino ad un certo limite con i redditi da lavoro
 

La domanda del nostro lettore è una domanda che mette in luce tutte le anomalie di una misura sbagliata probabilmente dalla fonte. Troppi vincoli e paletti ha la misura, a tal punto che anche i beneficiari non ci capiscono niente. Il nostro lettore ci permette però di affrontare il discorso relativo ad eventuali periodi di lavoro da parte dei chi gode del beneficio del sussidio.

Infatti è vero che la misura non va in conflitto con le attività lavorative fino a una determinata soglia. In pratica se non si superano determinate soglie reddituali da parte del beneficiario, la misura viene lo stesso erogata. In altri termini ciò che gli ha detto il futuro datore di lavoro è vero. Come lo è il fatto che uno stipendio da 900 euro per tre mesi non andrà ad incidere sul diritto alla prestazione. Ciò che però non quadra in quello che il datore di lavoro ha detto al nostro lettore è che potrà cumulare 500 euro di sussidio ai 900 euro di stipendio. Nulla di più sbagliato, perché ogni singolo euro di reddito prodotto da un’attività lavorativa di un beneficiario del reddito di cittadinanza, viene tagliato di fatto dal sussidio. 

Cosa accade al reddito di cittadinanza quando un soggetto torna a lavorare 

Nel caso specifico del nostro lettore, in tre mesi di lavoro come addetto alla mensa riceverà 2.700 euro di stipendio. Nessun problema perché non supera i 6.000 euro di reddito personale che resta uno dei principali requisiti utili alla misura. Ma i redditi prodotti dal nuovo lavoro devono essere comunicati all’INPS tramite il modello RDC/PDC COM. La comunicazione all’INPS è obbligatoria e serve per consentire allo stesso istituto di ricalcolare l’importo del sussidio spettante. Un ricalcolo alla luce dei nuovi soldi incassati dalla nuova attività lavorativa. In altri termini, il nostro lettore non avrà più diritto a 500 euro di reddito di cittadinanza ma ad un importo inferiore. Un paradosso autentico che di fatto giustifica quanti preferiscono il sussidio al lavoro. Non è solo una questione di opportunismo o di pigrizia. Sembra quasi che il lavoro svolto sia finanziato dallo stesso lavoratore tramite tagli sul reddito di cittadinanza futuro.  

Nuovo lavoro e nuovi redditi che incidono sull’ISEE degli anni successivi
 

E non va dimenticato un fattore determinante che è quello dell’ISEE.

Quest’ultimo è il principale strumento utile alla richiesta di qualsiasi prestazione assistenziale, reddito di cittadinanza compreso. Anche l‘ISEE viene influenzato dal nuovo lavoro e non va trascurato il fatto che tutto il reddito prodotto dall’attività lavorativa finirà nell’ISEE del 2024 per esempio. E finirà con l’incidere di nuovo su eventuali nuovi sussidi richiesti dal lavoratore stesso tra qualche anno, e magari sulle mensilità di reddito di cittadinanza del 2024.