La Lega tira dritto in tema di riforma pensioni, anche se i tempi sono stretti. Dopo l’esperimento di Quota 100 durato tre anni si torna a considerate come soglia limite gli anni di lavoro.

Quota 41 è e resta quindi il cavallo di battaglia della Lega per le prossime elezioni. Una opzione pensioni da inserire nella legge di bilancio 2023, senza aspettare l’anno nuovo e per evitare il ritoprno integrale della Fornero.

Quota 41, la Lega presenta il suo progetto

Quota 41 (in pensione con 41 anni di contributi) non sarebbe l’ideale per riformare il sistema pensionistico, ma è il massimo che si può ottenere in questo momento per evitare il ritorno della Fornero.

Posto che Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi) sta per scadere. Come dice Salvini:

ll primo gennaio dell’anno prossimo, se il Parlamento non fa niente, torna in vigore la maledetta Legge Fornero. Maledetta la Legge, non la Fornero che significherebbe cinque anni in più di lavoro”.

La riforma pensioni così concepita costerebbe allo Stato 18 miliardi di euro fino al 2025. Se poi la misura sarà accompagnata dalla proroga di Ape Sociale e Opzione Donna, il conto è destinato a salire. E sarà dura reperire in fretta e furia i soldi per dare corso a Quota 41.

Riforma pensioni o slogan elettorale?

Quota 41 – dicono gli esperti di previdenza – rischia però di restare un mero slogan elettorale in tema di pensioni. Per recuperare consensi dopo la certificazione Inps del flop di Quota 100, voluto dalla Lega nel 2018.

Oltretutto andare in pensione con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età non produrrebbe particolari vantaggi sociali ed economici. Oggi si può uscire dal lavoro poco più tardi, con 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne), come previsto dalle regole Fornero.

Insomma, secondo gli esperti, il costo da sostenere per concedere l’uscita anticipata di 1-2 anni dal lavoro sarebbe troppo elevato e non produrrebbe quegli effetti sperati sull’occupazione.

Come avvenuto in precedenza per Quota 100.