Il lavoratore che per qualsiasi motivo ha un problema di salute, può godere dell’indennità di malattia. Si tratta di una tutela offerta dalla legge a favore del lavoratore. Il diritto del lavoro infatti prevede che per il lavoratore scatti l’indennità di malattia nel momento in cui si assenta dal lavoro ed è impossibilitato a svolgerlo. Ma le assenze per malattia non sono interminabili, o meglio, un lavoratore non può assentarsi dal lavoro oltre un determinato limite di giornate lavorative.

Questo limite si chiama periodo di comporto. Ed è l’oggetto di un quesito di una nostra lettrice.

“Salve, sono Micaela e vi chiedo un chiarimento. Per colpa di una ernia del disco, sono stata in malattia diversi mesi. Da quando mi hanno diagnosticato questo disturbo, sono stata più volte in malattia. Tutto ha avuto inizio a settembre 2022. Mi dite come funziona il cosiddetto periodo di comporto? Ho paura di averlo superato o di essere arrivata vicino ai 6 mesi di assenza.”

 

Cos’è il periodo di comporto e quando la malattia mette a rischio il posto di lavoro

Il periodo di comporto altri non è che l’arco temporale durante il quale il lavoratore, pur se in malattia, ha una forma di tutela che lo preserva dal perdere il posto di lavoro. In pratica, un periodo in cui il lavoratore è protetto dal licenziamento oltre che coperto da una indennità che si chiama appunto, indennità di malattia. Ma come detto, vietato esagerare. Perché la normativa prevede che se un lavoratore sta in malattia per troppo tempo, rischia di finire con l’essere licenziato. Decorsi 6 mesi di malattia, anche non necessariamente consecutivi, il datore di lavoro ha il diritto di licenziare il dipendente.

La risoluzione del contratto per troppe malattie

La durata del periodo di comporto e cioè del periodo di salvaguardia di un posto di lavoro, è stabilito anche dai vari CCNL di categoria.

Così come il periodi di tempo entro cui calcolare questo comporto. In linea di massima meglio controllare il CCNL a cui fa riferimento la propria assunzione per verificare quanto è lungo il periodo di comporto e quando termina il periodo entro cui i giorni di malattia si sommano. Che poi è proprio la richiesta della nostra lettrice che vorrebbe sapere se può continuare a fare malattia o se si trova vicina all’utilizzo di quello che a tutti gli effetti è il periodo massimo di malattia che non mette a rischio il posto di lavoro.

 

Comporto secco e comporto a sommatoria, differenze

Il periodo di comporto in genere è di 6 mesi, ma in questo caso si parla di comporto per sommatoria, nel senso che iu giorni di malattia che un lavoratore ha sfruttato in un determinato periodo si sommano e se superano i 180 giorni, possono portare al licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte del datore di lavoro. Infatti va detto che un datore di lavoro non può in nessun caso licenziare un lavoratore in malattia. Ne utilizzare la malattia e le assenze per malattia, come la giusta causa per il licenziamento. Se invece il lavoratore esagera e supera il periodo di comporto entro un determinato lasso di tempo, il licenziamento può sopraggiungere. Un altro tipo di comporto invece è quello secco, che fa riferimento ad ogni singolo periodo di malattia.

Fondamentale è l’anno solare

La differenza sostanziale è che se un lavoratore per contratto, rientra nel comporto secco, se è assente per 150 giorni durante una malattia, al rientro al lavoro si vedrà il periodo di comporto azzerato. Una ipotetica nuova malattia ripartirebbe da zero. Con il comporto a sommatoria, il lavoratore nell’esempio si troverebbe al rientro al lavoro con 150 giorni di malattia di fatto già consumati.

E ne mancherebbero 30 al superamento (180 giorni, ndr), del periodo di comporto. In genere, anche se sono sempre i CCNL di categoria a stabilire le regole, si prende a riferimento l’anno solare per calcolare il periodo di comporto. Così ad ogni 1° di gennaio il calcolo dei giorni di malattia per il periodo di comporto vengono azzerati e si riparte tutto da capo.