Se l’infarto di un lavoratore è dovuto alla negligenza del datore di lavoro,  il malato può ottenere l’indennizzo Inail e il risarcimento del danno derivato.

Il datore di lavoro, infatti, è tenuto a prendere tutte le misure necessarie affinchè il propri dipendenti siano tutelati sia nell’integrità fisica che nella personalità morale.

Se l’infarto, invece, si è verificato non per colpa del datore di lavoro, che ha preso tutte le opportune precauzione per la tutela della salute dei propri dipendenti, l’ifartuato dovrà limitarsi ad ottenere l’indennità Inail senza poter ricevere alcun risarcimento del danno.

Se la responsabilità, al contrario, è del datore di lavoro sarà quest’ultimo a dover rispondere del danno subito dal dipendente.

Come dimostrare la causa dell’infarto?

Spetta al lavoratore dimostrare il nesso tra l’infarto e l’eccessiva mole di lavoro assegnatagli nell’ultimo periodo. Non è, quindi, necessario che l’infarto dipenda strettamenta dell’attività lavorativa svolta ma che ne sia stata la causa (ad esempio troppo stress, troppa fatica, sforzi fisici troppo  intensi, responsabilità che fanno accumulare stanchezza e stress…). Sono molti i fattori, quindi, che possono provocare un infarto al lavoratore.

L’infarto può, se è causato dal lavoro, essere indennizzato come infortunio sul lavoro e come malattia professianale. L’infortunio sul lavoro si verifica quando l’infarto avviene sul luogo di lavoro in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa. La malatia professionale, invece, non è di carattere accidentale e violenta ma il lavoro è preso come causa diluitanel tempo.

In entrambi i casi il lavoratore ha l’obbligo di fornire la prova della causa di lavoro e del rapporto causa effetto esistente la tra la malattia e il lavoro dimostrando le caratteristiche morbigene della lavorazione svolta.