Se ti mancano pochi anni per raggiungere i requisiti contributivi utili alla pensione, nel 2024 la soluzione ci sarebbe. Sono tanti i lavoratori che si trovano con qualche anno in meno rispetto alla soglia dei 20 anni di contributi. Nel 2024 sono entrate due novità che riguardano chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, cioè i cosiddetti contributivi puri.

Una permette l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni e non più a 71 anni. L’altra invece permette di arrivare a completare i 20 anni di contributi versando un corrispettivo da riscatto.

L’unione di queste due novità potrebbe estendere la possibilità di pensionamento a chi fino al 31 dicembre 2023 non aveva chance di pensione.

“Buongiorno, sono Piera e il primo maggio compio 67 anni di età. Ho 17 anni di contributi versati e volevo capire cosa mi costava la Pace Contributiva riscattando i 3 anni che mi mancano coprendo i miei vuoti dal 2013 al 2018. Ho iniziato a versare contributi nel 1998 e come vi ho spiegato, sono rimasta senza lavoro per quasi 5 anni prima di trovare quello che svolgo ancora oggi. Dal momento che non devo più raggiungere 1,5 volte l’assegno sociale per andare in pensione, volevo capire se potevo riscattare i contributi. E soprattutto, volevo capire quanto mi costa e se mi conviene.”

In pensione subito nel 2024 con il riscatto dei vuoti contributivi: vantaggi, svantaggi e procedura

Il riscatto dei vuoti contributivi con la Pace Contributiva è oneroso, perché è a carico del lavoratore. La misura è stata introdotta dalla legge di Bilancio per il biennio 2024-2025. E riguarda solo chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995. La stessa platea interessata da un’altra novità nel 2024. Parliamo in questo caso del fatto che per i contributivi puri la pensione di vecchiaia si centra a 67 anni di età con 20 anni di contributi senza altri vincoli.

Fino al 2023 invece questi lavoratori potranno andare in pensione solo a 71 anni con almeno 5 anni di contributi.

A meno che a 67 anni non arrivavano a completare una pensione minima pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Il vincolo nel 2024 è stato cancellato dal governo che ha reso più facile l’accesso alla pensione di vecchiaia per questi contributivi puri. Ma chi non ha 20 anni di contributi come fa? In questo aiuta la già citata Pace Contributiva. Di cui ci chiede lumi anche la lettrice. Una misura che come vedremo è abbastanza costosa.

Conviene la Pace Contributiva o meglio lasciare perdere?

Se la verifica della convenienza a sfruttare una determinata misura è solo quella sull’età di uscita, non ci sarebbero dubbi. Ogni misura che permette di lasciare il lavoro in anticipo è sempre favorevole se si guarda all’età di uscita. E anche la Pace Contributiva non fa eccezione. Poi però ci sono da effettuare altri calcoli, come per esempio l’esborso economico a cui sarebbero chiamati coloro che volessero sfruttare la misura.

Con la Pace Contributiva si possono riscattare i periodi di vuoto contributivo intercorsi tra il primo anno di versamento e l’ultimo. Dal momento che si parla di contributivi puri, il primo accredito contributivo, a qualsiasi titolo, deve essere successivo al 1996. Prendendo ad esempio la nostra lettrice, la cui carriera è cominciata nel 1998, l’interessata può riscattare massimo 5 anni di vuoti tra il primo gennaio 1998 ed il 31 dicembre 2024.

Infatti non si possono riscattare i periodi precedenti il primo gennaio 1998, nemmeno il 1996 e 1997 anche se sono anni che ricadono nel sistema contributivo.

Quali sono i periodi che possono tornare utili alla pensione

I periodi riscattabili sono quelli effettivamente non coperti da contribuzione. Non si possono riscattare periodi vuoti per motivi diversi. Non è possibile riscattare un periodo che è stato lavorato, ma non sono stati versati i relativi contributi da parte del datore di lavoro.

Nemmeno se i contributi risultano prescritti.

In questo caso lo strumento da usare è un altro e si chiama costituzione di rendita vitalizia. E non si possono nemmeno riscattare con la Pace Contributiva i periodi di mancati versamenti da parte del lavoratore autonomo. Anche in questo caso, a prescindere che quei periodi siano scaduti con la prescrizione.

La nostra lettrice sembra avere le carte in regola per poter sfruttare la Pace Contributiva, anche se bisogna fare i conti con l’onere da pagare che potrebbe rappresentare un ostacolo non certo lieve da superare.

Quanto costa riscattare un anno di contributi con la Pace Contributiva?

Il costo del riscatto con la Pace Contributiva è pari all’aliquota prevista dalla normativa vigente dal Fondo a cui il riscatto viene chiesto e a cui si versano i contributi adesso. Per esempio, la lettrice che è dipendente e versa il 33% di aliquota contributiva attualmente, deve considerare questa percentuale.

Si parte dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi 12 mesi (o il reddito degli ultimi 12 mesi per il lavoratore autonomo). E si applica il 33%. Così si ottiene il corrispettivo da versare per un anno di riscatto. Naturalmente moltiplicando quanto esce fuori per ogni anno da riscattare (fino a massimo 5 anni), ecco che si arriva a conclusione.

Ecco i calcoli da fare in base al Fondo previdenziale a cui si chiede il riscatto

Quindi, il primo passo per capire quanto bisogna spendere è calcolare le retribuzioni percepite nelle ultime 52 settimane antecedenti l’operazione di richiesta di riscatto. E poi, moltiplicare questa retribuzione per l’aliquota contributiva IVS della gestione assicurativa presso la quale si esercita il riscatto. Con 20.000 euro di retribuzione imponibile, l’onere per il FPLD sarebbe pari a 6.600 euro, perché l’aliquota è il 33%.

La nostra lettrice ha da riscattare 3 anni e quindi dovrà versare 19.800 euro. I contributi così recuperati oltre che utili al completamento della carriera e quindi al diritto alla pensione, sono utili anche per il calcolo della prestazione.

Il riscatto può essere pagato anche a rate e fino a 10 anni di dilazione. Quindi, fino a 120 rate mensili. Evidente che chi, come la nostra lettrice, ha urgenza di completare la contribuzione utile alla pensione in tempo utile per uscire al compimento della giusta età (67 anni, ndr), non potrà rateizzare ma dovrà versare tutto in unica soluzione.

L’onere della Pace Contributiva può essere scaricato dal reddito sotto forma di detrazione. Il 50% di ciò che si versa si potrà scaricare dal reddito in 5 annualità consecutive di dichiarazione dei redditi. La nostra lettrice potrà così recuperare 9.900 euro di quanto versato, in rate annuali da 1.980 euro come abbattimento delle tasse da versare o già versate.

Più facile andare in pensione nel 2024 grazie all’incrocio di queste due misure

In base a quanto detto prima, la pensione nel 2024 per molti lavoratori potrebbe essere più facile. Sempre prendendo ad esempio la nostra lettrice, lei fino al varo della nuova legge di Bilancio si trovava in una condizioni piuttosto complicata. Essendo nata nel 1957 completa l’età pensionabile di vecchiaia nel 2024. Ma non ha la contribuzione minima richiesta che è pari a 20 anni.

In base a ciò che ci dice, avrebbe completato i 20 anni di versamenti solo nel 2027. Quindi per le la pensione sarebbe dovuta arrivare a 70 anni di età. Sempre che nel 2027 la sua pensione raggiungeva 1,5 volte l’assegno sociale valido quell’anno. Altrimenti per le le possibilità di pensione sarebbero dovute scattare solo nel 2028, al compimento dei 71 anni di età.

A quella età infatti per i contributivi puri sarebbe venuto meno il vincolo della pensione minima pari a 1,5 volte l’assegno sociale. Invece il governo ha prima di tutto eliminato questo vincolo già a 67 anni. E poi ha introdotto di nuovo la Pace Contributiva. E quindi, ha liberato la pensione per chi si trovava al 31 dicembre 2023 con la prospettiva di dover superare i 70 anni per la quiescenza.