In pensione con 62 anni di età e 30 di contributi? C’è una seria possibilità, è solo una questione di soldi. La proposta del senatore Tommaso Nannicini (PD) per introdurre una riforma radicale nel sistema pensionistico per mandare tutti in pensione a 64 anni, in discussione in Parlamento con il superamento di quota 100, sarebbe stata potenziata. Ora si parla di quota 92, con rafforzamento a una platea più ampia di beneficiari.

E’ del tutto evidente che i partiti al governo sono già in campagna elettorale e ogni giorno emergono nuove proposte di riforma per agevolare il pensionamento anticipato dei lavoratori con lo scopo di migliorare l’attuale sistema in vigore che, con quota 100, permette agli aventi diritto (62 di età e 38 contributi) di accedere fino al 31 dicembre 2021 al trattamento pensionistico superando la legge Fornero.

Anche opzione donna (58/59 anni di età e 35 anni di contributi) verrebbe migliorata.

In pensione con 62 anni di età con 30 anni di contributi

La proposta di riforma previdenziale contenuta nel disegno di legge “misure urgenti per la flessibilità e l’equità intergenerazionale del sistema previdenziale” di Nannicini sembra ora aver preso un’altra piega su pressione del Partito Democratico. Si parla, infatti, di pensioni a quota 92, cioè con 62 anni di età e 30 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata. L’ipotesi prende in esame, non solo i possibili aventi diritto per a partire dal 2022 quando scade quota 100, ma anche le generazioni dei giovani d’oggi che faticano ad avere un curriculum previdenziale tale da potersi garantire un’uscita dignitosa dal mondo del lavoro. Resterebbe fermo l’obbligo di accedere alla pensione secondo il sistema di calcolo contributivo.

Lo scalone di quota 100

E le risorse? A quanto pare con i risparmi di quota 100 (circa 3 miliardi rispetto alla spesa preventivata per il 2019) si potrebbe lavorare su una riforma delle pensioni che soddisfi più capillarmente le esigenze di uscita dei lavoratori.

Aggiungendo altri 5 miliardi del fondo per la misura sperimentale si punta quindi a un potenziamento delle risorse dieci volte maggiore rispetto a quelle messe sul tavolo due anni fa. Una riforma pensionistica, dunque, capace di superare lo “scalone” previdenziale di quota 100 a partire dal 1° gennaio 2022, quando l’opzione scadrà e non sarà più possibile andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, ma bisognerà per forza aspettare di avere i requisiti previsti dalla riforma Fornero per la pesnione di vecchiaia (attualmente a 67 anni) e per la pensione anticipata (con 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni e dieci mesi per le donne fino al 2026).

Lo scalino di opzione donna

Nel disegno di legge verrebbe affrontato anche il regime sperimentale “opzione donna” che prevede la possibilità di accedere alla pensione con regime di calcolo contributivo nel rispetto di determinati requisiti. Nannicini propone, infatti, di continuare con la sperimentazione fino al 31 dicembre 2021, quando scade anche “quota 100”, per poi procedere dal 2022 a un graduale allineamento con la riforma che prevede per le lavoratrici l’accesso alla pensione anticipata al raggiungimento dei 62 anni di età. Più nel dettaglio, fino al 31 dicembre 2021 si lascerebbe la facoltà di uscita a 57 anni di età (58 per le lavoratrici autonome) per le donne che contestualmente hanno completato 35 anni di contributi. A cominciare dal 2022, però, il requisito anagrafico dovrebbe salire di 12 mesi all’anno fino al raggiungimento di 62 anni nel 2026.