Il fatto che la riforma Fornero abbia inasprito i requisiti per andare in pensione, è una cosa nota a tutti. Non tutte le critiche però sono fondate. Molti infatti puntano il dito contro la riforma Fornero quando in realtà condannano requisiti che già esistevano da prima. Oggi i lavoratori che appaiono più penalizzati dalle attuali regole previdenziali, che si basano esclusivamente su riforma Fornero e riforma contributiva Dini, sono soprattutto i lavoratori con carriere uniche nel sistema contributivo. Come penalizzata è la nostra lettrice.

“Sono Laura una lavoratrice che ha appena compiuto 67 anni di età ed ha completato 20 anni di contributi versati. Vi sembrerà strano ma dall’INPS mi hanno appena comunicato che non potrò accedere alla pensione perché non ho i requisiti idonei ad uscire dal mondo del lavoro e quindi ad andare in pensione. Una cosa che trovo strana. Ed ecco che chiedo a voi di approfondire la situazione perché credo che ci sia qualche errore di calcolo da parte dell’Istituto. Ho iniziato a lavorare nel 2002 e quindi a dicembre del 2022 ho completato i vent’anni di contributi versati. Una volta che ho raggiunto i 67 anni di età, pensavo di poter andare in pensione e invece, mi dicono che probabilmente per colpa di una parte della mia carriera in cui lavoravo part time, non potrò avere accesso alla pensione se non arrivo a 71 anni di età. Non vi nascondo che è stata per me una specie di doccia gelata. Voi cosa mi dite di diverso, cosa potrei fare per soddisfare quella che oggi è una mia sete di pensione?”

La pensione per i contributivi puri non è semplice con le regole della legge Fornero

L’incrocio tra la riforma delle pensioni targata Fornero e il sistema contributivo produce degli effetti che probabilmente pochi conoscono bene. Fermi alla considerazione che la riforma Fornero ha inasprito i requisiti, senza approfondirne i motivi.

Per i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi in epoca contributiva, cioè dopo il 31 dicembre 1995, i guai sono piuttosto seri. E la nostra lettrice è un esempio evidente. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, viene definito comunemente contributivo puro. Si tratta di lavoratori che non hanno diritto al calcolo misto non avendo contributi in epoca retributiva. Ma oltre che penalizzati come calcolo rispetto agli altri, dal momento che percepiranno una pensione più bassa, questi lavoratori sono penalizzati anche come uscita.

Quali i requisiti da raggiungere per i contributivi puri

Chi non ha contributi prima del 1996 per accedere alla pensione di vecchiaia deve maturare anche un terzo requisito oltre all’età e ai contributi. Infatti tutti possono uscire dal lavoro con 67 anni di età e 20 anni di contributi versati. Ma i contributivi puri potranno farlo solo se la pensione loro liquidata sarà pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. E dal momento che da 470 euro al mese circa nel 2022, l’assegno sociale nel 2023 sale a oltre 503 euro al mese, è evidente che si tratta di una cifra che diventa non irrisoria per chi ha pochi anni di contributi e carriere fatte di lavoro discontinuo, part time e così via dicendo. Significa che il contributivo puro per poter accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria, deve per forza prendere una pensione più alta di 750 euro al mese. Un fardello questo che evidentemente la nostra lettrice non riuscirà a superare. E chi non ci riesce, deve aspettare di compiere 71 anni di età per la quiescenza.

Ma è sempre l’assegno sociale che può aiutare

Il collegamento della pensione di vecchiaia ordinaria con l’assegno sociale è la cosa più evidente per i contributivi puri. Ed è un limite dal momento che non superare 1,5 volte l’assegno sociale mette a rischio la fruizione della pensione di vecchiaia per i contributivi puri.

Ma è proprio l’assegno sociale quello che può tornare utile a questi contributivi puri che non riescono a maturare il diritto alla pensione se non a 71 anni di età. Il contributivo puro senza reddito può infatti avere diritto all’assegno sociale a partire dai 67 anni di età. In pratica, si può ovviare alle problematiche del sistema che negano la quiescenza in determinate circostanze, con la principale misura assistenziale dell’INPS. L’importante è non superare, come reddito, l’importo dell’assegno sociale stesso. Infatti se è vero che senza reddito l’assegno sociale da oltre 500 euro al mese come sarà nel 2023, finirà con l’essere percepito intero, con redditi più alti ma fino all’importo dell’assegno sociale stesso, si ha diritto ad una corresponsione ridotta.

 

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