Quando si avvicina il momento della pensione, ogni contribuente si interessa inevitabilmente all’importo che percepirà. Allo stesso modo, coloro che si trovano “alla finestra”, in attesa di raggiungere i requisiti necessari, sono spesso interessati a scoprire se esistono misure che permettano di anticipare l’uscita dal lavoro. È il mix tra queste due considerazioni che discutiamo oggi.

Esistono, infatti, contribuenti che hanno l’opportunità di scegliere tra una pensione anticipata o una posticipata, influenzando così l’importo dell’assegno pensionistico.

Questo principio è generalmente applicabile alla maggior parte dei lavoratori, ma oggi esaminiamo una particolare opzione normativa disponibile per alcuni, come la nostra lettrice.

“Mi chiamo Valentina e sto per compiere 64 anni. Ho accumulato 20 anni di contributi, ma non rientro tra i contributivi puri poiché i miei primi accrediti risalgono al 1992. Vorrei sapere se, essendo madre di tre figli, ho il diritto di andare in pensione prima dei 67 anni e se, posticipando l’uscita, potrei beneficiare di un migliore coefficiente di calcolo della pensione. Sto cercando di valutare le migliori opzioni per il mio pensionamento, senza trascurare nessun dettaglio e senza regalare nulla all’INPS. Potreste indicarmi la via migliore?”

In pensione a 63 o 66 anni, o con un assegno più alto: la scelta è tua

Nel sistema pensionistico contributivo attuale, posticipare la pensione significa garantirsi un assegno più elevato. Chi decide di prolungare la propria attività lavorativa oltre i requisiti minimi, quindi, beneficia di un assegno maggiore. È un principio evidente: più lungo è il periodo di contribuzione, maggiore sarà la pensione. Tuttavia, è anche vero che i contributi vengono rivalutati in base all’inflazione prima di essere trasformati in pensione attraverso i coefficienti di trasformazione.

Questi coefficienti sono tanto più favorevoli quanto più tardiva è l’età di uscita dal mondo del lavoro. Di conseguenza, un lavoratore che decide di ritirarsi a 64 anni con 20 anni di contributi avrà un coefficiente del 5,184%, mentre posticipando l’uscita a 67 anni, con 23 anni di contributi, il coefficiente salirebbe a 5,723%, offrendo così un doppio vantaggio.

Le donne: lo sconto sull’età anagrafica o un migliore coefficiente di trasformazione

Valentina, la nostra lettrice, può accedere a un beneficio specifico per le lavoratrici, introdotto dalla riforma Dini del 1995. In base al numero di figli, le lavoratrici possono scegliere tra due tipi di vantaggi: uno sconto sull’età anagrafica per la pensione di vecchiaia ordinaria o per quella anticipata contributiva, oppure un miglior coefficiente di trasformazione.

Una donna con tre figli, per esempio, potrebbe andare in pensione a 63 anni anziché a 64 anni con 20 anni di contributi, grazie allo sconto massimo di un anno derivante dalla regola di quattro mesi per ogni figlio. Questo sconto è applicabile anche se la lavoratrice decidesse di ritirarsi a 67 anni, potendo anticipare l’uscita fino a 66 anni.

Sconto sull’età o vantaggi nel calcolo della pensione

Alternativamente, le donne possono optare per un calcolo pensionistico più vantaggioso, rinunciando allo sconto sull’età. Se una donna sceglie lo sconto di un anno per aver avuto tre figli, uscendo dal lavoro a 63 anni, il coefficiente applicato sarebbe del 5,028% invece del 5,184%. Tuttavia, se preferisce un coefficiente migliore per aver avuto tre o più figli, potrebbe beneficiare di un calcolo al 5,531%.

In questo caso, se decidesse di lavorare fino a 67 anni, la sua pensione verrebbe calcolata con il coefficiente di chi esce a 69 anni, cioè al 6,154%. Con due figli, il coefficiente applicato sarebbe quello per chi esce a 68 anni, ovvero 5,931%.

Queste opzioni offrono alle donne la flessibilità di massimizzare i benefici pensionistici in base alle proprie esigenze personali e alla propria storia lavorativa.