Con una conferenza stampa a Palazzo Chigi del 2 maggio, il Presidente del Consiglio Mario Draghi e alcuni Ministri hanno presentato il cosiddetto DL Aiuti. Si tratta di un pacchetto di nuove misure in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina. Una delle misure principali del Decreto Aiuti è senz’altro il cosiddetto bonus 200 euro (o bonus inflazione) a favore dei cittadini con un reddito sotto i 35 mila euro.

L’obbiettivo di questa misura è quello di sostenere i lavoratori, pensionati e autonomi a fronte dell’impennata dei prezzi e dei costi dell’energia. Purtroppo, però, alcuni osservatori hanno sollevato alcune critiche.

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in una recente intervista a “La Stampa”, ha fortemente criticato il bonus in argomento, sostenendo che lo stesso è insufficiente in un periodo di grave crisi come quello che stiamo vivendo in questi mesi.

Bonus 200 euro, cos’è e a chi spetta?

Il nuovo bonus 200 euro è stato istituito al fine di sostenere i cittadini a fronte dell’impennata dei prezzi e dei costi dell’energia.

Il bonus spetta ai lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati che percepiscono un reddito inferiore a 35 mila euro.

I lavoratori dipendenti riceveranno il contributo direttamente in busta paga (tra giugno e luglio) dal proprio datore di lavoro (che poi se lo vedrà rimborsare al primo pagamento utile delle imposte).

Per i pensionati, invece, il bonus sarà erogato direttamente dall’INPS. Non è ancora stato chiarito come lo stesso sarà pagato ai lavoratori autonomi.

Perché l’incentivo contro l’inflazione potrebbe essere un errore?

Per il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, il bonus da 200 euro approvato dal governo Draghi, non è una misura sufficiente. Anzi.

In una intervista rilasciata a “La Stampa”, Bonomi ha spiegato che la sua proposta era un bonus addirittura da 1.223, cioè un mese di salario in più per tutta la vita lavorativa.

“Oggi – continua il presidente di Confindustria – le imprese pagano i due terzi del carico contributivo mentre un terzo è a carico dei lavoratori. Noi proponiamo, in caso di via libera alla riduzione del cuneo contributivo, di invertire questa quota: due terzi ai dipendenti e un terzo alle imprese. Per noi questa è la strada da seguire e non certo quella della detassazione degli aumenti salariali. Da quando io sono presidente dell’associazione sono stati rinnovati i contratti per 4,7 milioni di addetti sui 5,4 delle imprese di Confindustria”.