Del “doman non v’è certezza”, soprattutto per i giovani lavoratori di oggi. Si discute animosamente di come mandare in pensione anticipata i lavoratori all’alba dei 60 anni, ma nessuno si preoccupa delle pensioni delle future generazioni.

Negli anni 60 e 70 lo Stato ha garantito a tutti ottime pensioni pubbliche confidando in una crescita economica infinita. Erano gli anni del boom economico e tutto andava bene. Ma quelle pensioni, elargite allegramente col sistema retributivo, sarebbero diventate insostenibili nel tempo.

Le pensioni complementari

E il conto, com’era prevedibile, è iniziato ad arrivare a metà degli anni 90.

A pagarlo oggi, però, non saranno gli anziani che vanno in pensione, ma i giovani lavoratori, i millenials. Per loro nessuno si sta preoccupando di garantire una pensione pubblica dignitosa. Si incoraggiano forme di assistenza pensionistica integrativa, i così detti fondi pensione complementari, i fondi negoziali.

Soldi che vengono prelevati dai TFR e dirottati verso banche e assicurazioni, ma che non si sa bene a quale scopo sono impiegati. Col rischio che qualcosa possa andare storto da un momento all’altro e la pensione integrativa possa diventare un buco nell’acqua se i rendimenti dovessero iniziare a scendere.

Lo Stato è succube di questo sistema che vede gli avvoltoi privati e i grandi capitalisti allungare sempre più le mani sul risparmio previdenziale. Ma la pensione integrativa non è la soluzione. Non lo è mai stata, se non perché la si vuole vedere in questo modo.

Giovani lavoratori senza garanzie

Per i giovani lavoratori serve una pensione di garanzia per il futuro garantita dallo Stato. Soprattutto perché il mondo del lavoro oggi è costellato di contratti discontinui, mal retribuiti e con pochi versamenti contributivi in un sistema pensionistico (quello contributivo) penalizzante rispetto al passato. In buona sostanza, chi lavora oggi lo fa per mantenere le pensioni dei predecessori. Ma ai giovani chi ci pensa?

Nella migliore delle ipotesi andranno in pensione con il 55% dello stipendio.

Alla peggio, con poche centinaia di euro perché non esiste più nemmeno l’integrazione al trattamento minimo per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995.

Prospettive che si traducono sempre più nella necessità di garantire ai giovani lavoratori una pensione pubblica dignitosa e sufficiente. La soluzione non è la previdenza complementare. Servono interventi di finanza pubblica ad hoc, che partano dall’istituzione del salario minimo e da norme che favoriscano maggiormente la decontribuzione per giovani e neoassunti.