Pensione sociale (o assegno sociale) e pensione di reversibilità. Le strade possono intrecciarsi e perché. In dettaglio, la seconda potrebbe portare alla riduzione o alla perdita della prima.

Vediamo quando e perché.

Cos’è l’assegno sociale

L’assegno sociale, è una prestazione economica, erogata (dietro presentazione di apposita domanda) ai cittadini italiani e stranieri in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla legge.

E’ una sorta di sostegno per coloro che, nell’età di vecchiaia, vivono in condizioni di disagio economico perché, ad esempio, negli anni di vita non hanno accumulato i requisiti per le pensione.

Dal 1° gennaio 2019, per ottenere l’assegno, tutti i cittadini italiani e stranieri devono soddisfare i seguenti requisiti:

  • 67 anni di età
  • stato di bisogno economico
  • cittadinanza italiana e situazioni equiparate
  • residenza effettiva in Italia
  • requisito dei dieci anni di soggiorno legale e continuativo in Italia (dal 1° gennaio 2009).

L’importo per il 2022

La misura dell’assegno sociale spettante, per il 2022, è pari a 468,10 euro per 13 mensilità (nel 2021 era pari a 460,25 euro per 13 mensilità). Il limite di reddito ai fini della spettanza, per il 2022, è fissato a 6.085,30 euro oppure a 12.170,60 euro, se coniugato.

L’assegno è parametrizzato al reddito di chi ne fa domanda. Se questo aumenta ne consegue la diminuzione dell’importo fino all’azzeramento. Ciò potrebbe verificarsi, ad esempio quando, successivamente alla domanda, subentrano nuove fonti reddituali per il beneficiario dell’assegno. Si pensi al caso di un immobile ricevuto in eredità e poi ceduto in affitto (il canone di locazione percepito farà reddito) oppure anche alla pensione di reversibilità derivante a seguito del decesso del coniuge.

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