“80 euro per il pieno alla macchina, 400 euro la bolletta del gas, 250 quella dell’energia elettrica, 300 per l’iscrizione alla scuola calcio. E le imposte? Cavolo, le imposte!”

Si è trovato proprio in questa situazione un nostro lettore, titolare di partita iva in regime forfettario che, con il portafoglio vuoto a fine mese, non è riuscito a pagare il Fisco né al 30 giugno, c.d. tax day, né al 22 agosto con la maggiorazione dello 0,40%. Lo scorso anno ha terminato il periodo in cui poteva pagare l’imposta sostitutiva al 5% ed è passato al 15%.

Dunque per lui, una vera a propria batosta, considerando anche i contributi dovuti all’INPS per la quota eccedente il minimale di reddito.

Detto ciò, ora bisogna capire se il nostro lettore sarà tenuto a pagare tutto in unica soluzione o se c’è qualche soluzione legale per pagare a rate le imposte dovute al Fisco.

Forfettari. Il calcolo del Reddito

Il reddito di chi ha la partita iva in regime forfettario è calcolato applicando al monte ricavi/compensi uno specifico indice di redditività.

Tale indice di redditività varia in base al codice ATECO dell’attività svolta.

Dunque, applicando la percentuale di redditività al monte ricavi/compensi prodotti nell’anno, otteniamo il reddito prodotto. Attenzione, dal reddito così determinato possono essere dedotti i contributi previdenziali versati in obbligo di legge.

Alla cifra così determinata si applica l’imposta sostitutiva al 15% o al 5%. Il versamento è effettuato alle stesse scadenze e con le stesse modalità previste per l’Irpef dei titolari di partita iva.

Pochi soldi in tasca. Il rimedio è il ravvedimento frazionato

Detto ciò, vediamo se c’è una soluzione rispetto alla situazione descritta in premessa.

Ebbene, un rimedio c’è e si chiama ravvedimento operoso.

Difatti, il contribuente può regolarizzare spontaneamente i versamenti pagando l’imposta, gli interessi e la sanzione per omesso/carente versamento d’imposta.

La sanzione è versata in misura ridotta. La riduzione dipende da quanti giorni intercorrono tra la scadenza originaria del pagamento (30 giugno) e la data in cui il contribuente decide di pagare.

Attenzione, c’è la possibilità di fare anche un ravvedimento frazionato.

Infatti, nella circolare n°42/e 2016, l’Agenzia delle entrate ha spiegato che è ammessa la possibilità (vedi art.13-bis, D.Lgs 472/1997):

  • di pagare un po’ alla volta l’imposta dovuta,
  • oltre che gli interessi e le sanzioni (ex.art.13 d.Lgs 471/1997) commisurate alla frazione del debito d’imposta versato tardivamente.

Attenzione però, se tra un versamento parziale e l’altro viene notificato un atto di liquidazione o di accertamento (compreso una comunicazione ex articoli 36-bis e 36-ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), l’omesso versamento della parte di debito che residua non può beneficiare del ravvedimento. Sull’imposta residua si applicano le sanzioni ordinarie piene.

Oltre ai versamenti parziali, è possibile anche versare tutta l’imposta e gli interessi e, dopo qualche tempo, la sanzione per carente o omesso versamento dell’imposta, ex art.13 del D.Lgs 472/1997.

In tale caso: la sanzione applicabile è quella in cui “ricade” l’integrale tardivo versamento dell’imposta. Gli interessi moratori sono dovuti per il periodo del ritardo. La riduzione applicabile alla sanzione è riferita al momento in cui la sanzione è effettivamente pagata (cfr circolare n. 180 del 1998).

Non è ammesso, invece, il ravvedimento per i contributi previdenziali.