Aderire ai fondi pensione per costruirsi una rendita integrativa non è mai una scelta facile. Sono tante le cose da sapere: dai rendimenti, ai rischi, passando per i costi di gestione e gli sconti fiscali. Insomma, una giungla di informazioni che spesso i gestori non mettono a disposizione dei lavoratori.

Quello a cui il lavoratore tiene di più è, però, sapere quale sarà il rendimento del fondo pensione prescelto. Solitamente i gestori dei fondi pensione,  chiusi o aperti non fa differenza, presentano il rendimento passato, lasciando credere che in futuro le cose andranno allo stesso modo, se non meglio.

Cosa che peraltro avviene in quasi tutte le scelte di investimento, al di là del fatto che si tratti di fondi pensione o meno.

Fondi pensione, quale scegliere?

Indubbiamente i rendimenti dei fondi pensione sono legati anche ai rischi connessi alla linea di investimento prescelta. I comparti azionari sono quelli che possono rendere di più, ma sono più rischiosi. Quelli bilanciati che hanno una componente azionaria e obbligazionaria sono più bilanciati, ma rendono meno. Infine, ci sono quelli “garantiti” che investono soldi in titoli di stato e obbligazioni a breve termine il cui rischio è minimo. Ma anche il rendimento è più basso.

La scelta dipende esclusivamente dal lavoratore che intende destinare il proprio Tfr al fondo pensione di categoria o aperto. Questo dipende dalla propensione al rischio di ognuno, ma anche dagli obiettivi che ci si prefigge per quando si andrà in pensione.

Bisogna tenere, inoltre, sempre presente qual è il rendimento del Tfr lasciato in azienda rispetto ai fondi pensione. Se il Tfr, che è sicuro e indicizzato all’inflazione (1,5% + 75% dell’incremento annuo del costo della vita), rende più del fondo, non è consigliabile sottoscrivere forme di previdenza integrativa che rendono meno. Come ad esempio le linee garantite che nei primi sei mesi del 2022 (dati Covip) hanno reso quasi zero.

Da un comparto all’altro

Chi non mastica di finanza si lascia quindi spesso consigliare dal gestore. Solvo poi accorgersi di aver commesso un errore nella scelta del fondo pensione se le cose vanno male. Come avvenuto nel 2022 quando molti lavoratori che avevano investito il loro Tfr in linee azionarie e obbligazionari si sono visti i rendimenti crollare letteralmente del 10% medio con l’esplosione dell’inflazione.

Soldi che difficilmente saranno recuperati in tempi brevi e sono andati persi. Viceversa il Tfr ha reso più dell’8% tornando in auge dopo un decennio finito nel dimenticatoio, disprezzato da tutti perché rendeva poco rispetto ai fondi pensione.

Il lavoratore che, tuttavia, si è accorto di aver sottoscritto un comparto sbagliato può cambiare la destinazione dei propri soldi durante il piano di accumulo. Sia perché il rendimento non è quello atteso, sia perché i costi di gestione dei fondi pensione  risultano troppo alti e si mangiano i guadagni.

A tal fine esiste però una regola: il cambiamento da un comparto all’altro del fondo di appartenenza non può avvenire che dopo due anni dalla sottoscrizione. Un vincolo che potrebbe risultare anche controproducente. Quindi è bene prestare molta attenzione al momento della scelta.

Unica eccezione è rappresentata dal cambio di datore di lavoro e conseguente adesione al fondi pensione. In questo caso, i versamenti effettuati da una parte anche prima dei due anni possono essere spostati, senza costi, nel nuovo fondo negoziale con nuova scelta del comparto di destinazione.

Riassumendo…

  • Molti lavoratori si accorgono tardi di aver scelto il fondo pensione sbagliato.
  • La scelta del comparto del fondo pensione è vincolante per i primi due anni
  • Il trasferimento dei soldi da un comparto all’altro avviene senza costi aggiuntivi.