I rendimenti dei fondi pensione sono tornati a battere quelli del Tfr nel 2023. E subito la stampa specializzata non si è fatta attendere dal presentare i dati relativi ai rendimenti dell’ultimo anno di attività come vincenti. Vero, ma sono relativamente al 2023. Se ci mettiamo dentro anche i risultati del 2022, non c’è paragone con la rivalutazione del Tfr, di gran lunga migliore.

Ecco, quindi, che far vedere il bicchiere mezzo pieno torna sempre utile all’industria dei fondi pensione. Non solo in Italia.

Così come è utile non parlare più del disastro dell’autunno 2022 quando in Gran Bretagna la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire pesantemente per evitare un crac finanziario di dimensioni globali sui fondi pensione. Uno tsunami finanziario che, causa l’esplosione dell’inflazione, ha causato un crollo dei rendimenti che ha toccato anche il 12-13%.

Fondi pensione: i rendimenti tornano a battere il Tfr

I dati relativi al 2023 mostrano che i fondi pensione hanno registrato un rendimento medio più alto del Tfr. A dicembre la rivalutazione del trattamento di fine rapporto si è attestato al 1,95%, contro una media provvisoria dei fondi pensione del 2,3% Più nel dettaglio, del 2,2% per le linee bilanciate, del 3% per le linee azionarie e del 2,1% per i comparti obbligazionari.

Questa differenza di rendimento è dovuta a diversi fattori, tra cui la composizione delle asset class dei fondi pensione. I fondi pensione investono in una combinazione di asset class, tra cui azioni, obbligazioni e liquidità. Le azioni, in particolare, hanno storicamente registrato rendimenti superiori alle obbligazioni e alla liquidità.

Il Tfr, invece, offre rendimenti legati all’andamento dell’inflazione. Più precisamente la sua rivalutazione è pari al 75% del tasso Foi maggiorato del 1,5%. Pertanto è quasi impossibile che possa scendere in territorio negativo, come invece è successo nel 2022 per i fondi pensione. Così come è altrettanto vero che la sua performance risulta contenuta rispetto a quanto possono offrire i fondi pensione.

Attenzione ai rischi

Orbene, dire che i fondi pensione sono tornati a battere il Tfr è vero solo fino a metà. Come ben sappiamo, l’orizzonte temporale di investimento per coloro che vogliono farsi una pensione integrativa è di lungo termine. E se andiamo ad analizzare i risultati degli ultimi 10 anni (dati Covip), salta fuori che la maggior parte dei fondi pensione ha perso terreno rispetto al Tfr. Quest’ultimo si è infatti rivalutato mediamente del 2,4%, contro una media dei fondi di poco inferiore.

Più nel dettaglio, i rendimenti dei fondi pensione negli ultimi 10 anni, a causa del crollo del 2022, si sono contratti parecchio. I garantiti hanno reso poco o nulla (+0,7%), gli obbligazionari puri nulla, gli obbligazionari misti il 2,4%, quelli bilanciati il 2,7%. Solo i fondi negoziali azionari hanno guadagnato, fra alti e bassi, il 4,7%.

E’ quindi del tutto evidente che nel lungo periodo non vi è stata questa grossa differenza fra rendimenti dei fondi pensione e Tfr. La convenienza dei fondi pensione rispetto al Tfr si riduce quindi all’aspetto fiscale: i contributi versati ai fondi pensione sono deducibili dal reddito imponibile.

Benché, i fondi pensione rappresentano una soluzione interessante per integrare il Tfr e garantirsi una pensione più soddisfacente, non vi è certezza che il capitale investito possa offrire quei ritorni preventivati che un lavoratore si attende. Esponendosi, magari a diversi rischi di mercato, per ottenere rendimenti superiori alla media non contemplati, viceversa, dal Tfr.

Riassumendo…

  • I fondi pensione tornano a battere il Tfr grazie al recupero dei mercati azionari.
  • Il rendimento del Tfr resta migliore su un arco temporale lungo.
  • Solo il comparto azionario è in grado di battere il Tfr, ma a fronte di rischi maggiori.