I fondi pensione purtroppo non sono la soluzione ideale per farsi una rendita integrativa. Anche se dappertutto se ne parla con insistenza, spesso rappresentano delle trappole per i lavoratori, costretti a versare soldi fino all’età pensionabile e senza garanzia di ritorni soddisfacenti. Il Tfr lasciato in azienda, invece, è più sicuro, anche se in apparenza meno redditizio.

Giusto per fare un esempio, lo scorso anno, per effetto dell’esplosione dell’inflazione, i fondi pensione hanno subito un tracollo dei rendimenti che, per alcune linee di investimento, hanno superato il 12%.

Contro un ritorno del Tfr superiore all’8%. Un divario che la dice lunga su quanto sia rischiosa la previdenza complementare offerta dai fondi pensione.

Fondi pensione e rendimenti: non sono sempre uguali

Nonostante le promesse dei gestori e gli incentivi fiscali promossi dai governi per spingere le sottoscrizioni, in Italia l’industria dei fondi pensione non decolla. I giovani non ne vogliono sapere, preferendo tenersi stretto il Tfr, mentre quelli più preoccupati sono i lavoratori di età compresa fra i 45 e 55 anni.

Dopo la terribile batosta dello scorso anno, c’è stato quest’anno un recupero generale dei rendimenti nel primo semestre 2023. Sul lungo periodo, però, il Tfr è comunque in vantaggio non avendo accusato il tonfo dei mercati del 2022.

Nel dettaglio, secondo i dati elaborati dalla Covip, i fondi negoziali hanno chiuso con rendimenti in aumento del 3,2% mentre gli aperti hanno messo a segno un +4,6% fino a giugno 2023. I Pip sono saliti, invece, del 4,8%. A confronto, il Tfr ha reso solo lo 0,8% nell’arco temporale di riferimento.

Sul lungo periodo (dieci anni), però, i fondi negoziali azionari hanno guadagnato oltre il 5%, mentre le linee obbligazionarie si sono fermate al 2% per scendere al 1% sui monetari e addirittura a zero sui fondi obbligazionari garantiti. A confronto il Tfr ha reso il 2,3% nell’ultimo decennio.

Perché i fondi pensione sono rischiosi

Detto questo, secondo gli esperti, ci vorranno molti anni per tornare ai livelli precedenti il crollo dello scorso autunno, soprattutto per ricostituire quella parte di patrimonio che si è volatilizzata con il crollo dello scorso autunno. Per questo motivo il governo intende incentivare ulteriormente con agevolazioni fiscali l’adesione ai fondi pensione.

Ma le adesioni, seppure in aumento, vanno a rilento e di pari passo con l’incremento dell’occupazione stabile che Italia resta sempre un problema, nonostante gli incentivi alle assunzioni e alla (lenta) ripresa della crescita economica. Ci vorranno anni.

Il rischio, poi, è sempre dietro l’angolo. I mercati finanziari, sia azionari che obbligazionari, sono oggi molto più volatili di un tempo. Entrare quindi sui fondi pensione nel momento sbagliato sarebbe quanto meno pericoloso per un investitore. Figuriamoci per un lavoratore che affida ciecamente i propri soldi a gestori, a volte, spregiudicati.

Non vi è, in buona sostanza, alcuna garanzia che i fondi pensione possano dare risultati più soddisfacenti del Tfr lasciato in azienda per il futuro. E trattandosi di un investimento che serve per integrare la pensione, non si possono correre troppi rischi. Quindi l’unica forma corretta sarebbe quella di destinare i soldi ai fondi garantiti o monetari, che però – abbiamo visto – rendono meno ancora del Tfr, al netto dei costi di gestione.

Riassumendo…

  • I rendimenti dei fondi pensione non sono mai certi anche se i gestori promettono risultati strabilianti.
  • Il Tfr lasciato in azienda lo scorso anno ha reso l’8,2%, i fondi pensione hanno perso più del 10%.
  • I rischi dei fondi pensione sono sostanzialmente quelli legati all’andamento dei mercati finanziari.
  • Il Tfr, invece, è agganciato all’inflazione.