In presenza di un abuso edilizio, riscontrato dalle autorità e/o denunciato in fase di verifica, è possibile evitare la demolizione dell’immobile grazie alla “fiscalizzazione” delle difformità. Si tratta di uno strumento riconosciuto dall’ordinamento, diverso dalla sanatoria, che in specifici casi – e in determinate condizioni – evita l’abbattimento del fabbricato dietro pagamento di una somma.

Una vera e propria multa alternativa alla demolizione quindi, su cui recentemente si è pure espresso il Consiglio di Stato, ribadendo la disciplina del ricorso.

Fiscalizzazione abusi edilizi: quando si può pagare la multa (alternativa alla demolizione)

A norma dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, qualora in sede di esecuzione del provvedimento repressivo di un abuso edilizio risulti che la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, può procedersi alla cd. “fiscalizzazione dell’abuso”.

Sulla questione, come già anticipato sopra, si è espresso il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 8334 del 14 dicembre 2021, ha deliberato su un intervento abusivo, posto in essere da un soggetto che, volendo trasferire la sede del laboratorio artigianale in un più ampio fabbricato (di proprietà della coniuge), ha apportato incrementi volumetrici rispetto alla variante al permesso di costruire, con modifica dei prospetti e mutamento della destinazione d’uso. Come emerge dalla stessa istanza di sanatoria presentata dalla signora (coniuge dell’istante), le opere realizzate nell’immobile oggetto del ricorso, consistenti, tra l’altro, nella chiusura di un portico di mt 5 per mt 15, hanno comportato un consistente aumento di cubatura rispetto a quanto in precedenza autorizzato.

Per il fabbricato era stata chiesta invece sia la sanatoria al Comune sia l’autorizzazione unica ambientale.

Tuttavia, come spiegato dal Consiglio di Stato, non essendo l’intervento sanabile correttamente (così come rilevato), il Comune ne ha ordinato la demolizione – ai sensi dell’artt. 31 del D.P.R. n. 380/2001 – con la conseguente acquisizione gratuita al patrimonio comunale del bene e della relativa area di sedime per il caso di inottemperanza all’ingiunzione data.

A tal proposito, l’invocato art. 34 del citato D.P.R. n. 380/2001 dispone, infatti, che: “Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso….” (comma 1).

La demolizione può essere evitata soltanto se in sede di esecuzione del provvedimento repressivo risulti che la stessa non possa “avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità”. In questo caso, viene specificato nella sentenza, si può procedere con la cd. “fiscalizzazione dell’abuso).

Come funziona la fiscalizzazione degli abusi edilizi

La cd. “fiscalizzazione degli abusi edilizi“, ovvero la multa alternativa alla demolizione di un fabbricato che presenta difformità, è disciplinata dall’art. 34 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Il dettame, rubricato “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”, stabilisce che: “Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso”. Inoltre: “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.

Queste disposizioni si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, eseguiti in parziale difformità dalla segnalazione di di inizio attività, ovvero interventi di:

  • ristrutturazione, di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c);
  • nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati;
  • nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

A questi si aggiungono anche gli interventi di ristrutturazione o nuova costruzione soggetti al contributo di costruzione. Vale anche, ovviamente, per quelli eseguiti grazie ai vari bonus edilizi, ma in difformità. Inoltre, le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a segnalazione certificata di inizio attività, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione.

Fiscalizzazione abusi edilizi e sanatoria: le differenze

Ai sensi degli artt. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e 12, comma 4 -bis, della L.R. n. 19/2009: gli interventi abusivamente realizzati possono ottenere la sanatoria.

La sanatoria è diversa dal regime di fiscalizzazione degli abusi edilizi, e scatta per gli interventi realizzati in assenza di:

  • permesso di costruire o difformità da esso;
  • segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa.

In questi casi, fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Il rilascio del permesso in sanatoria è infatti subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia. In caso di gratuità a norma di legge, invece, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16 del Testo Unico sull’edilizia.

Infine, nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

Multa alternativa a demolizione: come si calcola la fiscalizzazione dell’abuso edilizio

I metodi di calcolo della sanzione, alternativa alla demolizione, sono ancora definiti nel Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

Sempre all’art. 34, infatti, si parla di “una sanzione pari al doppio del costo di produzione”.

Molti, però, si chiedono se sia possibile quantificare l’ammontare della multa. Ebbene, in questo caso, sulla fiscalizzazione degli abusi edilizi ci viene in aiuto la Giurisprudenza. Con la sentenza n. 7857 del 23 novembre 2021, infatti, il Consiglio di Stato ha cercato di definirne l’entità. A tal proposito è stato stabilito che: “La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria – posta da tale normativa – deve essere valutata dall’amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione”.