Anche il lavoratore pubblico dimessosi ha diritto al pagamento delle ferie non godute. Da qui, è illegittima la norma nazionale che vieta il pagamento di un’indennità cash per ferie annuali retribuite non godute in caso di dimissioni volontarie di un dipendente pubblico.

Questa la sintesi della sentenza, Corte di giustizia dell’Unione Europea, Prima Sezione, Sentenza 18 gennaio 2024.

In tal modo lavoratori pubblici e privati vengono messi sullo stesso piano.

Ferie non godute. La questione oggetto della sentenza

La questione analizzata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea verte sull’interpretazione:

  • dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9);
  • dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Andando nello specifico delle questione, un ex dipendente pubblico del Comune di Copertino (Italia), aveva fatto ricorso alla giustizia in merito al rifiuto da parte dell’ente locale di versargli un’indennità per ferie annuali retribuite non godute alla data della cessazione del rapporto di lavoro.

Il lavoratore, ai fini della pensione anticipata,  si era dimesso, chiedendo al Comune il versamento delle ferie non godute.

Da qui, il ricorso dinanzi al Tribunale di Lecce che ha presentato alla Corte di Giustizia UE domanda di pronuncia pregiudiziale. Il tribunale nazionale ha chiesto l’intervento dell’UE per pronunciarsi sulla legittimità di una legge italiana in base alla quale, per esigenze di contenimento della spesa pubblica, non è ammesso il pagamento di un’indennità per ferie annuali retribuite non godute in caso di dimissioni volontarie del dipendente pubblico.

Ferire non godute. I principi UE

Arriviamo così alla sentenza della Corte di Giustizia UE sulle ferie non godute. Causa C-218/2022.

Secondo costante giurisprudenza della Corte UE, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione europea, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88.

Vedi, in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punto 19 e giurisprudenza citata.

Inoltre, il diritto alle ferie annuali costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite quale principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione. Vedi testo sentenza.

Cosicché, tale diritto implica il riconoscimento di un’indennità per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza del 25 novembre 2021, job-medium, C-233/20, EU:C:2021:960, punto 29 e giurisprudenza citata).

Nei fatti, la normativa e la giurisprudenza UE mettono il lavoratore in una posizione di massima tutela. Garantendogli non solo il diritto a ferie retribuite ma anche a un’indennità sostituiva per le ferie annuali non godute al momento delle dimissioni.

Ferie non godute. La sentenza della Corte di Giustizia Europea

Quando il rapporto di lavoro è cessato, di conseguenza, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile.

Da qui entra in gioco l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88.

In base al quale un lavoratore, che non sia stato in condizione di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.

A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato.

Nei fatti, neanche la cessazione volontaria del rapporto di lavoro da parte dell’impiegato è motivo di preclusione alla ricezione dell’indennità.

Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità.

Inoltre, gli Stati membri non possono derogare al principio derivante dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, secondo il quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punto 54).

Tutto cambia invece se la mancata attivazione delle ferie è legata all’inerzia del lavoratore. In tale caso, i principi UE legittimano, in caso di cessazione del rapporto di lavoro il mancato pagamento dell’indennità in esame. Inerzia che non è ravvisabile nel caso oggetto della sentenza qui in parola.

Conclusioni

Sulla base dei suddetti principi, è illegittima la norma italiana che per motivi di contenimento della spesa pubblica prevede:

il divieto di versare al lavoratore un’indennità per ferie non godute, maturate sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, laddove non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.

Tale divieto decade anche in ipotesi di dimissioni volontarie del lavoratore.

Tenendo sempre conto delle modalità di calcolo delle ferie spettante ai dipendenti.

Riassumendo…

  • La Corte di Giustizia UE si è pronunciata su una norma Italiana che prevede la decadenza del diritto al pagamento delle ferie non godute;
  • il lavoratore ha diritto ad un’indennità per le ferie non godute anche in ipotesi di dimissioni volontarie;
  • l’indennità per ferie non godute spetta anche se le dimissioni sono legate al pensionamento anticipato;
  • in tal modo, dipendenti pubblici e privati sono messi sullo stesso piano.