Ferie maturate, ferie non godute: come si calcolano i giorni spettanti al singolo lavoratore? Dalla monetizzazione delle ferie alla durata complessiva, la normativa di riferimento è contenuta nel decreto legislativo n. 66/2003, anche se la fattispecie è disciplinata già dal codice civile e dalla Costituzione.

Diritto alle ferie

Per i lavoratori dipendenti italiani, indipendentemente dalla professione e dal tipo di contratto di lavoro, le ferie sono giornate di di astensione dal lavoro, o di non lavoro, pagate per diritto al 100% del salario giornaliero lavorativo e quantificate annualmente per norma o contratto.

Le ferie sono riconosciute, come diritto a un lavoratore dipendente, dall’articolo 36 della Costituzione Italiana, al comma 3:

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

Le ferie, dunque, sono un “diritto al riposo” irrinunciabile, che un soggetto vanta in quanto lavoratore dipendente.

Durata delle ferie

Il periodo di ferie è proporzionato a quello effettivo passato a lavorare, per questo si parla di ferie “maturate”.

Il Codice Civile, nell’articolo 2109, definisce perfettamente il concetto di ferie “maturate”: sono un periodo di riposo che si matura annualmente, che deve essere per legge retribuito (il che vuol dire che l’assenza dal lavoro non comporta una diminuzione dello stipendio) e, il cui momento di godimento deve essere stabilito dall’imprenditore (anche su richiesta del dipendente), tenendo conto di quelle che sono le esigenze dell’azienda e del lavoratore, e  comunicato preventivamente.

Sulla durata delle ferie, invece, il Codice Civile rimanda alla “legge” e agli “usi”. Questo vuol dire che, per sapere con esattezza quante ferie spettano nel corso di un anno lavorativo, ci si deve rifare alla normativa vigente in materia, nonché alle consuetudini tipiche di un determinato contesto professionale/aziendale.

A tal proposito il D.lgs. 66/2003 stabilisce che:

“Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane”.

I contratti collettivi di lavoro possono stabilire un periodo diverso, ma solo se le condizioni sono migliorative per il lavoratore.

Vale pertanto il principio della cosiddetta derogabilità in melius, secondo cui la fonte inferiore (il contratto individuale rispetto al CCNL, il CCNL rispetto alla legge e così via) possa derogare a quella superiore solo in senso più favorevole e mai sfavorevole (inderogabilità in peius).

Ferie maturate e non godute

Il lavoratore non può rinunciare alle ferie, né tanto meno il datore di lavoro può non riconoscergliele. Infatti, il periodo minimo di quattro settimane, salvo qualche eccezione, non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute (art. 10, comma2, D.lgs. 66/2003).

Le quattro settimane di ferie maturate in un anno possono anche non essere utilizzate tutte dal lavoratore. Il legislatore, infatti, ha stabilito che un lavoratore dipendente deve necessariamente utilizzare due settimane di ferie entro l’anno di maturazione, mentre i giorni rimanenti possono essere goduti nei 18mesi successivi. In caso contrario, scatta l’obbligo di contribuzione all’Inps sui giorni di ferie residue.

Il congedo ordinario, infatti, va programmato e fruito nell’anno solare di riferimento, a meno che non ci siano “indifferibili esigenze di servizio”  o di natura personale che non ne rendano possibile la fruizione in maniera completa e compatibilmente alle necessità dell’azienda/datore di lavoro (art 9 Nuovo Accordo Quadro Nazionale, pubblicato sulla G.U. n. 100 del 2 maggio 2018).

Passati questi 18 mesi, tuttavia, se il lavoratore non ha potuto godere delle ferie residue, non per sua volontà ma per altre cause di natura aziendale o personale, le ferie non vanno perse e il lavoratore dipendente potrà ancora contare su di esse. Al contrario, non potrà chiedere la monetizzazione delle ferie se il rapporto di lavoro è in corso. 

L’indennità sostitutiva delle ferie, infatti, viene riconosciuta al lavoratore solo ed esclusivamente in un caso: ovvero al momento della cessazione del rapporto.

Verificatasi questa ipotesi, il dipendente avrà diritto ad un compenso per le ferie non godute, anche se l’Inps le considererà usufruite e, pertanto, al datore di lavoro spetterà comunque versare i contributi obbligatori previsti.

Vige quindi il divieto di monetizzazione delle ferie durante il rapporto di lavoro, mentre è assolutamente legittimo decidere di utilizzare il periodo minimo di ferie maturate in un anno e poi richiedere l’indennità sostitutiva (ovvero il pagamento di quelle non godute) se il rapporto di lavoro cessa (per licenziamento o dimissioni) prima che scadano i 18 mesi dall’anno della maturazione.

Monetizzazione delle ferie

Come già detto, il periodo minimo di quattro settimane di ferie è irrinunciabile e non può essere sostituito con relativa indennità, eccezione fatta – come già accennato sopra – per i casi di risoluzione del rapporto di lavoro. In questo caso la monetizzazione delle ferie è legittima ma, prima di capire come funziona il calcolo, bisogna fare una premessa.

Se al momento della cessazione del rapporto di lavoro il datore dimostra che è stato il dipendente a non voler usufruire delle ferie, nonostante sia stato messo nelle condizioni di farlo, il pagamento del periodo non goduto non spetta. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nelle cause C-619/16 e C-684/16, specificando che l’indennità sostitutiva non è riconosciuta quando il rifiuto del prestatore di lavoro avviene “deliberatamente e con piena consapevolezza”, ovvero quando quest’ultimo sceglie di non usufruire del periodo di riposo.

L’indennità sostitutiva, quando invece spetta, può essere calcolata tenendo conto della retribuzione riconosciuta da contratto e dividendo l’importo per dei coefficienti fissi. Nello specifico, l’indennità sostitutiva è pari alla retribuzione spettante per ogni giorno di ferie non godute.

Per calcolare il valore di un giorno di ferie non godute bisogna:

  • Calcolare il Reddito Annuo Lordo indicato in busta paga;
  • Dividere l’importo per 12 (numero dei mesi dell’anno);
  • Dividere il valore ottenuto per 22 (se si lavora 5 giorni su 7) o per 26 (se si lavora 6 giorni su 7).

L’indennità sostitutiva, va ricordato, è considerata a tutti gli effetti reddito imponibile, tant’è che il valore monetario di un singolo giorno di ferie va considerato al lordo di tutte le ritenute fiscali e previdenziali.

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Normativa ferie, fonti e collegamenti

  1. Articolo 36 della Costituzione Italiana, su senato.it
  2. Articolo 2019 del Codice Civile, su gazzettaufficiale.it
  3. Decreto legislativo 66 del 2003, su camera.it