Abbassare il requisito dei contributi per l’uscita anticipata per puntare ad abbassare l’età pensione o, più esattamente, per bloccare l’aumento della stessa di ben 5 mesi che dovrebbe altrimenti scattare dal 2019. E’ questa la strada che il Governo sembra intenzionato ad intraprendere dopo il confronto con i sindacati su questa questione urgente.

Pensione anticipata e aumento età: diminuiscono i contributi minimi

La soglia contributiva minima per raggiungere l’età della pensione scenderebbe quindi dai 36 anni, attualmente richiesti dall’Ape, a 30 anni.

Lo scopo è quello di mantenere, almeno per le 15 categorie professionali individuate nella lista delle mansioni gravose, l’età pensione a 66 anni e 7 mesi, scongiurando quindi lo spostamento della asticella a 67 anni. Ricordiamo a tal proposito che, affinché il lavoro gravoso dia diritto alla pensione anticipata, è necessario che l’attività sia stata svolta per almeno sette anni nell’ultimo decennio (e non più sei negli ultimi sette anni come era stato ipotizzato a Palazzo Chigi nei precedenti dibattiti sulla questione).
Questo abbassamento degli anni di versamenti, “salverà” una platea più ampia di quella finora prevista e stimata in 15-17 mila lavoratori.

Aumento età pensione e altre novità: le aperture del Governo al dialogo con i sindacati

Nella stessa occasione di confronto le sigle sindacali, l’esecutivo avrebbe anche confermato una certa apertura alla revisione del meccanismo di adeguamento a partire dal 2021 e su base biennale. Sembra esserci margine anche per l’istituzione di una Commissione tecnica incaricata di studiare nuove stime dell’adeguamento all’aspettativa di vita, sulla base di dati aggiornati e che possa contare su esponenti di Inps, Inail, Istat e ministeri del Lavoro, dell’Economia e della Salute.

Proseguiamo chiarendo che ad oggi questa possibilità riguarda le 15 professioni gravose nella lista ufficiale ovvero le undici originarie (operai edili, autisti di gru e di macchine per l’edilizia, conciatori, macchinisti e personale viaggiante, autisti di mezzi pesanti e camion, infermiere e ostetriche ospedaliere turniste, badanti, maestre d’asilo, facchini, personale addetto ai servizi di pulizia, operatori ecologici) alle quali si sono aggiunte i marittimi, i lavoratori siderurgici, gli operai agricoli, i pescatori.

Resta fermo l’impegno dei sindacati per includere altri tipi di lavoro, ingiustamente esclusi dall’elenco. Rientrano in questa prospettiva in primis postini, vigili del fuoco, polizia locale. Al momento però su questo non appaiono esserci molte possibilità.

Età pensione: cosa cambierebbe per i più giovani

Altre misure contestuali auspicate riguarderebbero la previdenza integrativa: equiparazione tra pubblici e privati e un’altra tornata di silenzio-assenso di sei mesi. Per quanto riguarda i giovani, se dovesse passare l’ipotesi allo studio, si prevede che coloro che rientrano interamente nel sistema contributivo e hanno avuto carriere discontinue, in futuro, potrebbero andare in pensione con un minimo di 20 anni di contributi, a condizione che abbiano maturato un trattamento pari a 1,2 volte l’assegno sociale (oggi corrispondente a 448 euro) invece dell’attuale 1,5. Il che, in altre parole, significa che potrebbero andare in pensione 4 anni prima.